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LA BURLA RETROCESSA | 329 |
Pandolfo. Dov’è Gottardo?
Agapito. Non c’è, signore; è sortito con sua moglie per un affar di premura, ed ha lasciato me in casa, per ricever lei e la signora Costanza; che vuol dire che non è venuta la signora Costanza?
Pandolfo. E come sapeva Gottardo, che io e mia figliuola volevamo oggi venir da lui? E che sì, che voi gliel’avete detto?
Agapito. Signor, vi domando scusa; è vero, io non son capace di dir bugie. Sono stato io che gliel’ha detto.
Pandolfo. E per qual ragione? Vi aveva pure avvertito di non dirgli niente.
Agapito. È vero, ma vi dirò la verità. Io ho dell’amicizia per Gottardo, e mi dispiaceva di vedere questo pover’uomo imbrogliato, se gli foste arrivati all’improvviso. Ho creduto bene avvertirlo, ma non dubitate che egli si metta in gran soggezione. Gliel’ho detto espressamente, e non lo farà.
Pandolfo. Oh bene, io ho perduto il gusto della sorpresa; mi piaceva di vederlo imbarazzato; ora che lo sa, non voglio altro.
Agapito. Oh caro signor Pandolfo, questa sarebbe per Gottardo una mortificazione infinita. Ora che lo sa, che ha fatto qualche preparativo...
Pandolfo. Procurate di ritrovarlo; ditegli che non faccia altro, ch’io non ci vengo.
Agapito. In verità, il pover’uomo sarebbe alla disperazione. Ha sentito con tanto piacere la nuova ch’io gli ho recato; e poi, per dirle la verità, tanto egli che Placida, quando hanno saputo questo, hanno invitato qualche altra persona, e se non venissero vossignoria e la signora Costanza, sarebbero alla disperazione.
Pandolfo. Questa è una ragione che quasi mi persuade, ma voi avete fatto male a parlare.
Agapito. È vero, ma l’ho fatto per buon core.
Pandolfo. Gottardo vuol dunque oggi trattarsi. Ha invitato delle persone?
Agapito. Sì signore, saremo, io credo, sei o sette.
Pandolfo. È come ha fatto a determinarsi a ciò? Io so che egli è stato sempre un grand’economo.