Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/334

328 ATTO SECONDO

Roberto. Ed io, ve lo protesto, farei lo stesso per qualunque de’ miei amici.

Agapito. Ma favorisca in grazia, ella sa ch’io ho l’accesso libero in casa del signor Pandolfo, e più d’una volta vossignoria mi ha parlato della sua figliuola, e mi ha detto che inclinerebbe a sposarla.

Roberto. È verissimo; questa è l’unica mia intenzione.

Agapito. Ma perchè dunque non ne parla, o non ne fa parlare a suo padre? Se vuole, mi esibisco io stesso di farlo.

Roberto. Vi dirò. Prima di fare questo passo, vorrei assicurarmi se la giovane mi ama, s’ella sarà contenta di me. Per questo ho desiderato tanto di potermi abboccar con lei. Non ho mai potuto farlo, e oggi spero di ottenere la grazia per favor vostro e del signor Gottardo.

Agapito. (Può dir me solo, poichè Gottardo non ne sa niente). (da sè) È stato battuto. (si sente battere)

Roberto. Oh, se fosse la signora Costanza, felice me!

Agapito. Aspetti, guarderò per assicurarmi. (Non vorrei che fosse qualche persona che m’imbrogliasse). (da sè; guarda per il buco della chiave) È il Signor Pandolfo.

Roberto. Solo?

Agapito. Solo.

Roberto. Ma perchè solo?

Agapito. Non saprei; sentiremo. Ma faccia una cosa; si ritiri in quella camera. Non si faccia vedere.

Roberto. Perchè?

Agapito. Per non parere che la cosa sia concertata.

Roberto. Dite bene. Mi ritirerò, e sentirò. (entra in camera)

SCENA IV.

Agapito, poi Pandolfo.

(Tornano a battere più forte, Agapito apre).


Agapito. Oh scusi, signor Pandolfo. Non ho gran pratica della casa; non aveva sentito.