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326 | ATTO SECONDO |
valermi dell’occasione. Ora son padrone di questa casa, e voglio ben divertirmi alle spalle dell’avaraccio. Ehi Berto. (chiama alla porta)
SCENA II.
Berto e detto.
Berto. Signore.
Agapito. Voleva mandarti a casa mia a prendere il mio orologio, ma ho pensato diversamente. Ora voglio mandarti in un altro luogo. Va qui dall’oste della Fortuna, e di’ al padrone, che venga subito qui in casa del signor Gottardo linaruolo, e insegnagli la casa, se non la sa, e digli che è egli il signor Gottardo medesimo che lo domanda, e che gli ha da ordinar un pranzo. Conducilo qui, e poi aspettami al caffè vicino. Fa polito quel che ti ordino.
Berto. Non dubitate niente, sarete pontualmente servito. (parte)
SCENA III.
Agapito, poi Roberto.
Agapito. Oh se la cosa mi riesce bene, come l’ho disegnata, ha da essere la più bella scena del mondo. Ma mi dispiace della mia chiave. Vediamo se fosse nel cassettino. (guarda nel cassettino della tavola) Non vi è niente assolutamente. Gottardo l’ha presa per la sua. Tanto meglio; se non ne ha altre, non potrà entrare in casa. (battono alla porta) È stato battuto. Vediamo un poco chi è. (guarda dal buco della porta) Oh il signor Roberto! capperi, è stato pronto a venire! (apre)
Roberto. Eccomi qui, a ricever le grazie del signor Gottardo.
Agapito. Ma caro signor Roberto, vi mancano due o tre ore all’ora del pranzo.
Roberto. Sì, ma non mi avete voi detto che ci doveva essere la signora Costanza? Io ho anticipato per aver il piacere di star più lungo tempo con lei.