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GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO | 27 |
sa far altro che scrivere una lettera? Si vanta di essere di condizione; ciò non serve che a renderlo più orgoglioso, ed a fargli meglio sentire il peso della sua miseria. Ma ecco Zelinda. Sarà afflitta, lo prevedo. Bisognerà ch’io cerchi di consolarla.
SCENA XII.
Zelinda e detto.
Zelinda. Eccomi qui, signore.... (Non vi è più Lindoro). (da sè)
Roberto. Che avete, che mi parete turbata?
Zelinda. Niente, signore. Voleva far vedere a Lindoro, se questa lista va bene. (gli fa vedere una carta)
Roberto. Date qui, date qui, la vedrò io. (prende la carta) Lindoro è un giovine che ha de’ capricci, che non sa le sue convenienze, che ha avuto l’ardire di trattar male con voi, e chi tratta male con voi, tratta male con me.
Zelinda. Che volete? È giovine. Io poi mi scordo facilmente di tutti.
Roberto. Ma io ho veduto che voi eravate assai disgustata di lui.
Zelinda. Sì, è vero; ma la collera in me non dura. In verità, s’egli fosse qui, vi farei vedere che non ho alcun astio contro di lui.
Roberto. Davvero?
Zelinda. Oh sì, io sono di buon cuore. Volete ch’io vada subito a ritrovarlo? (in atto di partire)
Roberto. No, no, non v’incomodate. (la ferma)
Zelinda. Perchè, signore? (con sorpresa)
Roberto. Perchè Lindoro non è più in questa casa.
Zelinda. Non è più in questa casa? (con passione)
Roberto. No certamente. Un giovinastro malcreato, incivile, che merita il vostro odio....
Zelinda. Vi accerto ch’io non l’odio sicuramente.
Roberto. Sì, son certo che non l’odiate. Ho finto bastantemente, vi parlo schietto, e vi dico che sono al fatto di tutto, e che per vostro bene l’ho licenziato.