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312 ATTO PRIMO


abiti, delle gioiette, della biancheria in abbondanza, potete comparir colle altre: se avete voglia di qualche altra cosa, ve la farò volentieri, ma non mi parlate di dar da mangiare a nessuno, perchè non l’intendo, e non l’intenderò mai.

Placida. E bene dunque, se siete risolto di non voler dar da pranzo a nessuno, non è giusto che noi andiamo dagli altri. Ci siamo stati anche troppo, e non conviene contrarre delle obbligazioni, quando non si è in caso, o non si ha volontà di rendere la pariglia.

Gottardo. Benissimo. Per grazia del cielo, noi non ne abbiamo di bisogno. Oggi sarà l’ultima volta, ch’io anderò a desinare fuori di casa.

Placida. Ah! oggi ancora dovete andare fuori di casa.

Gottardo. Sì, ho dato parola a mio compare Bernardo. Per oggi non posso far a meno; ma vi prometto che sarà l’ultima volta.

Placida. Ed io resterò sola in casa, come una bestia.

Gottardo. Voi, se non volete star sola, potete andare da vostra madre.

Placida. Sì, sì, anderò da mia madre, per non darvi la spesa di far da pranzo per me.

Gottardo. Ma voi prendete tutte le cose in sinistra parte; dite ch’io vi tratto male, e mi pare che voi mi trattiate peggio.

Placida. Sì, è vero. Io sono la sofistica1, io sono la stravagante.

Gottardo. Via, se non volete ch’io vada, non anderò.

Placida. No, no; andate pure. Non voglio che dite, che per causa mia...

Gottardo. Ma vorrei vedervi tranquilla.

Placida. In verità non è sì facile, che mi vediate tranquilla.

Gottardo. Ma perchè? Cosa faccio per inquietarvi? Volete che dia da pranzo? Via, per contentarvi, lo farò. E tutto questo quello che vi dà pena?

Placida. Eh se non fosse altro che questo!

Gottardo. Parlate, ditemi che cosa avete; se non parlate, è impossibile ch’io vi capisca.

  1. Ed. Zatta: soffistica.