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282 ATTO TERZO

Servitore. Lo farò di mal animo, ma lo farò.

Zelinda. Ma prima sentite. Frattanto che termino d’empir il baule andate a cercar un facchino, che non è giusto che voi fatichiate a portarlo.

Servitore. Ci avevo pensato anch’io veramente.

Zelinda. Via andate e fatemi...

Servitore. La carità.

Zelinda. La carità.

Servitore. Benedetta sia la carità. (parte, Zelinda segue a porre la roba nel baule)

Zelinda. Quest’abito che mi piaceva tanto! Ma! non lo porterò più! perchè non lo porterò più? perchè non lo merito, perchè non son degna di portarlo: tutti mi sprezzano, tutti m’ingannano, tutti si burlano di me. Ah pazienza! (sospira) Ma che? mi rincrescerà a privarmi di questi cenci? No, no, ho risolto, sono contenta, e non vi vuò più pensare. (trova un abito di Lindoro) Cos’è questo? Oh cieli! un abito di mio marito? Ah il mio caro marito, è un abito del mio caro marito, (lo abbraccia e lo bacia) Del cuor mio, del mio bene, ch’ho amato da tanto tempo, eh ho tanto sospirato prima d’averlo, ch’era l’unico mio conforto, l’unica mia consolazione. (si ferma un poco) Ma! se era tale un tempo, ora non è più quello: è un perfido, è un traditore, è un ingrato. Potessi calpestar lui, come posso calpestar quest’abito. (lo getta per terra e lo calpesta) Ah, moderiamo la collera. Rassegnamoci1 al destino e seguitiamo l’opera incominciata. (seguita a porre la roba nel baule) Son nata per soffrire e non deggio dolermi se la mia sorte... (torna a vedere l’abito) Maledetto quest’abito. (lo getta lontano)

SCENA XIX.

Lindoro e detta.

Lindoro. Che fate della mia roba? Perchè mettete i vostri abiti in quel baule?

  1. Così nel testo.