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270 | ATTO TERZO |
Zelinda. Sapete ch’io sto poco bene,1 sapete come m’avete lasciata, e state fuori di casa, e non vi curate di ritornare. (a Lindoro)
Lindoro. Avete ragione, ma io...
Tognina. Scusatelo, signora, che non ne ha colpa. Voleva venire, e sono causa io che s’è trattenuto. Non è egli vero, Fabrizio?
Fabrizio. Verissimo, perch’è arrivato...
Zelinda. Non occorr’altro. Quando è restato qui per una sì giusta e onesta ragione, non parlo. (con ironia, forzandosi di dissimulare)
Lindoro. È arrivato il padre della signora Barbara. (a Zelinda)
Zelinda. Me ne consolo. (come sopra)
Fabrizio. Don Flaminio sarà contentissimo. (a Zelinda)
Zelinda. Lo credo. (come sopra)
Tognina. Saranno tutti contenti, e noi lo saremo ancor più di loro. M’ha detto Fabrizio d’un certo progetto di star insieme, e il signor Lindoro me ne ha dato buona speranza. (a Zelinda)
Lindoro. Voi vedete il buon carattere della signora Tognina. (a Zelinda)
Fabrizio. Son sicuro che non vi sarà che dire fra noi.
Zelinda. (Or ora non posso più contenermi). (da sè)
Tognina. Ho poi motivo di consolarmi con voi. (a Zelinda)
Zelinda. Di che, signora? (affettando giovialità)
Tognina. Che vostro marito non è più geloso.
Zelinda. Sì, è vero, non è più geloso. (affettando come sopra) (E tu, indegna, ne sarai la cagione). (da sè)
Tognina. V’assicuro che vivremo bene, e staremo allegri, e non vi han da essere melanconie.
Fabrizio. Tognina è sempre di buon umore.
Lindoro. È vero. Questo è quello ch’io vi diceva. La signora Tognina è allegra, gioviale, e inspira in tutti l’allegria, il piacere, la tranquillità. (a Zelinda)
- ↑ Nell’ed. Zatta c’è qui il punto fermo.