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262 ATTO TERZO

Fabrizio. Se essi non si sposano, ci sposeremo noi1.

Tognina. Questo è quel ch’io voleva dire.

Fabrizio. Siamo liberi, e il nostro affare non ha a dipendere da nessuno.

Tognina. Bisogna pensare a ritrovar una casa, e ad ammobigliarla con un poco di buona grazia.

Fabrizio. Lindoro m’ha fatto una proposizione che non mi dispiace. Mi ha detto che potressimo far casa insieme. Sapete voi che questo ci potrebb’essere d’un grand’avvantaggio?

Tognina. È vero; ma cosa volete che facciamo in compagnia di quell’uomo ch’è d’una gelosia insopportabile?

Fabrizio. Oh v’assicuro...

Tognina. Ha fatto una scena in questa casa contro sua moglie, che meritava d’essere bastonato.

Fabrizio. V’assicuro che non è più geloso.

Tognina. Non è più geloso?

Fabrizio. No certo; si è infinitamente cangiato.

Tognina. Se la cosa è così... Ma anche sua moglie mi pare di testa calda. L’ho sentita qui in questa camera a fare una certa disputa col suo padrone...

Fabrizio. È vero, è donna d’impegno, ma è del miglior cuore del mondo.

Tognina. Anche Lindoro, fuori di quel tal difetto, mi pare un giovane assai proprio e civile...

Fabrizio. Sì, certo. E un figliuolo amabile, è una coppa d’oro.

Tognina. Ah eccolo qui per l’appunto.

SCENA II.

Lindoro e detti.

Fabrizio. Si parlava appunto di voi.

Lindoro. Vi ringrazio della memoria ch’avete di me.

Fabrizio. Tognina sarebbe estremamente contenta che si potesse vivere insieme.

  1. Ed. Zatta: sposaremo.