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240 | ATTO SECONDO |
Flaminio. Siete assai polito e civile, e meritate assai più... Ma lasciamo a parte per ora quegli elogi1 che potrebbero offendere la vostra modestia. Voi sapete il mio amore e il mio impegno per la signora Barbara.
Lindoro. Lo so benissimo.
Flaminio. Ella non è ancora informata del testamento, e se sapesse le cose come si trovano presentemente, avrebbe gran soggetto di temere per lei, o di rattristarsi per me. Gli affari domestici m’hanno impedito d’andar da lei. Le ho scritto un biglietto, ma senza dirle niente di positivo. Mi era impegnato d’andar da lei a quest’ora precisa, ma aspetto l’avvocato, e non mi posso partire. Vi prego dunque d’andarla a ritrovare per parte mia, dirle la ragione perch’io non vado, e circa al testamento dar un cenno con arte della disposizion di mio padre, ma assicurarla ch’io sono disposto a perder tutto, piuttosto che abbandonarla.
Lindoro. Sarete servito... Ma se non vi premesse ch’andassi subito...
Flaminio. Veramente mi premerebbe che vi andaste sollecitamente. La signora Barbara sarà impaziente, e tremo ch’ella sappia la disposizion di mio padre. Avete voi pure qualche cosa d’assai pressante?
Lindoro. Niente altro che dir due parole a mia moglie.
Flaminio. Sì, vedetela. Ditele quel che le avete da dire, e andate.
SCENA Vi.
Fabrizio e detti.
Fabrizio. Signore, l’avvocato è in sala che la domanda. (a don Flaminio)
Flaminio. Vado subito. (in atto di partire) Mi raccomando a voi. So ch’avete dell’amore per me. Procurate o in un modo, o nell’altro, di rasserenarla. Appoggio a voi quest’affare perchè mi preme, e son sicuro ch’avete dello spirito, e ci riuscirete... (in atto di partire, e si volta) Sopra tutto vi raccomando la sollecitudine. (parte)
- ↑ Ed. Zatta: quegl’elogj.