Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/243


LE INQUIETUDINI DI ZELINDA 237

Fabrizio. Lo so certo. (come sopra, ridendo un poco più)

Zelinda. Non è necessario che glielo diciate.

Lindoro. Non volete ch’io lo sappia?

Fabrizio. Venite qui. Voglio levarvi io da ogni dubbio.

Zelinda. (In questo tempo tira fuori di tasca due carte.)

Fabrizio. Quella carta è la copia del testamento.

Lindoro. Del testamento? (voltandosi verso Zelinda)

Zelinda. Oh la copia del testamento? signor sì, eccola lì. (la getta in terra) Quelli sono gli affari vostri. (accennando la carta) E questi sono gli affari miei. (mette in tasca l’altra carta)

Lindoro. (Ci scommetto che fa per provarmi. Ma non farà niente). (da se)

Fabrizio. (Raccoglie la copia ch’è per terra) (Non so che dire, vedo delle stravaganze che non capisco. Questa copia la custodirò io). (da sè)

Lindoro. Zelinda carissima, io non sono così indiscreto di voler saper tutto. Se avete delle carte ch’io non ho da vedere, siete una donna prudente, e lo farete per delle buoni ragioni. Quel che mi penetra e m’interessa, è il vedervi turbata, e mi parete meco sdegnosa. Si potrebbe sapere che cos’avete?

Zelinda. (Non risponde e si mette a lavorare.)

Lindoro. È qualche cosa che non possiate a me confidare?

Zelinda. (Lavora e non parla.)

Lindoro. (Questo suo silenzio mi fa tremare). (da sè) Fabrizio, sapete voi qualche cosa?

Fabrizio. No... no, non so niente. (in maniera che fa conoscere che sa qualche cosa)

Lindoro. Eh amico, capisco che voi ne siete informato. (poi guarda Zelinda)

Zelinda. Oh sì, Fabrizio sa tutto, ma non parlerà. (a Lindoro)

Lindoro. Non parlerà? Per qual ragione non parlerà?

Zelinda. Perchè ha dato la sua parola d’onore di non parlare.

Lindoro. Che cos’è quest’imbroglio? (a Fabrizio)

Fabrizio. È vero. Le ho promesso di non parlare.

Lindoro. E ad un marito si fanno di tai misteri? (a Fabrizio)