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224 ATTO PRIMO


ma per cagione della famiglia, non ama ch’io vada a stare con lui. Se Zelinda è contenta, resteremo qui, abiteremo1 la casa che ci ha lasciato il padrone, e passeremo i nostri giorni felicemente.

Zelinda. Oh sì, questo è quel ch’io desidero. Staremo da noi in casa nostra; per me, sortirò pochissimo, non tratterò con nessuno, e spero che il mio caro marito non avrà a dolersi di me, e non avrà più alcun motivo di gelosia.

Lindoro. No, cara Zelinda, non mi ricordate più la mia debolezza passata. So che v’ho fatto delle ingiustizie, e non ve ne farò mai più. Voglio anzi che vi divertiate, che andiate a spasso, che trattiate con chi vi pare. Vi lascierò in pienissima libertà, e non vi sarà più pericolo che vi rimproveri, che vi tormenti, ne ch’abbia la debolezza di sospettare di voi.

Fabrizio. Bravo, così mi piace, così va bene, così Zelinda sarà contenta.

Zelinda. (Ah no, questa sua indifferenza mi agita, mi tormenta, e mi fa dubitare che più non mi ami). (da sè)

Lindoro. Fabrizio carissimo, mi viene in mente un pensiere. Noi abbiamo pane, e vino, e casa, e dieci mila scudi di capitale, ma ciò non basta per vivere comodamente. Ho qualche cosa di casa mia, ma non basta ancora per tutt’i bisogni d’una famiglia. Bisognerebbe2, per istar bene, bisognerebbe metter a profitto il danaro, e far qualche buon negozietto. Voi avete pratica degli affari, voi siete galantuomo, ci siete amico, potreste unirvi con noi, viver con noi, e col nostro danaro, e colla vostra direzione...

Fabrizio. Sì, e aggiungete che anch’io, oltre il legato de’ trecento scudi, ho qualche danaro ammassato, e spero che le cose nostre anderanno felicemente.

Lindoro. Ah, che ne dite Zelinda? Vi pare ch’io abbia pensato bene?

Zelinda. Scusatemi, ci ho qualche difficoltà. Non intendo di far

  1. Ed. Zatta: restaremo qui, abitaremo ecc.
  2. Ed. Zatta: bisognarebbe.