Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/181


LA GELOSIA DI LINDORO 175

SCENA XVII.

Don Flaminio e Zelinda.

Zelinda. Eccomi precipitata per sempre. (parie)

Flaminio. Ah il pericolo di Zelinda è urgente. Preferiscasi la giustizia all’amore. (parte)

SCENA XVIII.

Camera in casa di don Roberto.

Don Roberto e donna Eleonora.

Eleonora. Signor marito, dov’è la vostra dilettissima cameriera?

Roberto. Che parlare ridicolo! Ella non è più mia che vostra.

Eleonora. Anzi non è mia niente affatto, poichè io non me ne posso servire.

Roberto. Io credo che quando le comandate, non ricusi di far il suo debito.

Eleonora. Ecco qui; ora aveva bisogno di lei, e non c’è, e non si trova. Sarebbe per avventura nel vostro appartamento?

Roberto. Voi siete una mala lingua. Avete sempre perseguitato quella ragazza, ed io dico e sostengo ch’ella non lo merita...

Eleonora. E ch’è savia, e dabbene... (ironicamente)

Roberto. Sì, savia, dabbene, virtuosa e morigerata.

SCENA XIX.

Lindoro e detti.

Lindoro. (Entra agitato, e non fa che cavarsi il cappello.)

Roberto. Come? siete già ritornato? (a Lindoro)

Lindoro. Sì, signore, sono ritornato senza esser partito. Così fossi partito, senza esser ritornato.