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158 ATTO TERZO

Mingone. Signore... Il padrone può dir quel che vuole... Con voi in sedia io non ci voglio venire.

Lindoro. E perchè non ci volete venire?

Mingone. Perchè... Perchè... Sono pover’uomo, ma sono galantuomo, e non voglio essere strapazzato.

Lindoro. Scusatemi, caro amico. Ero in collera con mia moglie... Siete voi maritato?

Mingone. Così non lo fossi.

Lindoro. Griderete anche voi qualche volta.

Mingone. Qualche volta? Dalla mattina alla sera.

Lindoro. E non vi nascono mai di questi accidenti?

Mingone. Signor no, mai. Quando sono in collera, bastono mia moglie, e non insulto nessuno.

Lindoro. Oh se sapeste quante volte sono stato in procinto... Ma la convenienza non lo permette.

Mingone. Oh, voi altri signori mariti, colle vostre convenienze, ne sopportate di belle!

Lindoro. Sì, avete ragione. Ma la vostra sedia dov’è?

Mingone. Io sono obbligato a ritornare a piedi.

Lindoro. Perchè ritornare a piedi, se siete venuto in sedia?

Mingone. Perchè il cavallo s’è fatto male, e bisogna ch’io lo conduca dal maniscalco.

Lindoro. Voi non l’avete detto al padrone.

Mingone. No, perchè non dica ch’io l’ho storpiato, e che non mi gridi.

Lindoro. E come farete voi a portare l’abito e la biancheria?

Mingone. Non è che un fagotto, lo1 porterò sulla testa.

Lindoro. Andiamo a vedere il cavallo che male ha. Non sarà forse gran cosa; lo faremo visitare in passando.

Mingone. Se non può camminare. (scaldandosi)

Lindoro. Ne prenderemo un altro.

Mingone. Io non ci voglio venire.

Lindoro. Amico, ci conosciamo.

Mingone. Di che? (confuso)

  1. Nell’ed. Zatta è stampato la, forse riferendosi a biancheria.