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136 | ATTO SECONDO |
Zelinda. Lo so. (cerca sul tavolino)
Roberto. Avrà bisogno di voi.
Zelinda. Sì signore. (Dove mai può essere questa lettera?) (da sè, cerca fra le camiscie)
Roberto. Ma chi volete che l’aiuti a spogliare?
Zelinda. Vado subito. (torna a cercar per terra)
Roberto. Che cosa cercate? Che cos’avete perduto?
Zelinda. Niente. (Povera me!) (seguita a cercare)
Roberto. Ma voi cercate qualche cosa sicuramente.
Zelinda. (Che l’avesse presa Fabrizio? Oh sì, senz’altro, sarà egli che l’avrà presa. Voleva dirmelo, e non l’ho lasciato parlare). (da se)
Roberto. Ma che diamine avete? non mi rispondete ne meno?
Zelinda. Scusate, signore, eccomi qui. La padrona è venuta? vado a servirla immediatamente. (in atto di partire)
Roberto. Si può sapere che cosa avete perduto?
Zelinda. Niente, signore, una cosa da niente.
Roberto. E per una cosa da niente v’affannate così?
Zelinda. Eh signore, un animo agitato come il mio, si altera, s’inquieta per ogni picciola cosa. Son fuor di me, non so quel che mi faccia; se il cielo non m’aiuta, io sono all’ultima disperazione, (parte)
SCENA VI.
Don Roberto solo.
Povera giovane! La compatisco. S’ella è innocente, come sicuramente lo credo, è cosa dura sentirsi trattar male senza ragione.
SCENA VII.
Lindoro e detto.
Lindoro. (Eccolo qui per l’appunto). (da sè, vedendo don Roberto) Servitor umilissimo, mio signore. (seriosamente)