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LA GELOSIA DI LINDORO 131

Lindoro. Benissimo. (ironicamente)

Filiberto. Son pronto a darvene le prove le più convicenti...

Lindoro. A maraviglia.

Filiberto. Voi siete l’unica mia speranza, e da voi dipende la mia felicità, e la mia vita.

Lindoro. Ah perfidi, me la pagherete.

Filiberto. Ma questa lettera a chi è diretta?

Lindoro. A chi è diretta? Sì, lo dirò. Chi non ha cura dell’onor suo, non merita che si risparmi. Questa lettera è diretta a mia moglie, (con sdegno, e strappa di mano la lettera a don Filiberto)

Filiberto. A vostra moglie? (con maraviglia)

Lindoro. A mia moglie. (sospirando)

Filiberto. Ma ne siete sicuro?

Lindoro. Ah pur troppo, tutte le combinazioni, tutte le circostanze me ne assicurano.

Filiberto. Questa è una cosa che mi sorprende. E chi pensate voi che le scriva?

Lindoro. Non può essere che don Flaminio.

Filiberto. Oh, non posso crederlo.

Lindoro. Ed io lo credo, e ne sono quasi sicuro.

Filiberto. Don Flaminio è in contratto di sposare una vedova.

Lindoro. Che importa questo? Chi è capace di amare una femmina maritata...

Filiberto. Via, via, Lindoro, non parlate così, non pensate sì male, non vi lasciate trasportare dalla passione, dalla gelosia. Vostra moglie, per quello che dicono, è stata sempre una giovine saggia ed onesta. Don Flaminio è un uomo d’onore.

Lindoro. Tant’è, signore, penso così, ho fissato così, e senza una dimostrazione in contrario, senza una chiara e convincente prova che mi disinganni, non lascierò di credere che Zelinda m’inganna, che don Flaminio m’insulta, che Fabrizio n’è il mediatore, e ch’io sono il più infelice degli uomini1, il più tradito, il più offeso, il più disgraziato marito.

  1. Ed. Zatta: degl’uomini.