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LA GELOSIA DI LINDORO | 119 |
Zelinda. È verissimo. Vediamo un poco che cosa scrive. Guardate che non venisse qualcuno1 a sorprendermi.
Fabrizio. Sì, avete ragione. (guarda da diverse parti, e intanto Zelinda legge piano, e mostra qualche maraviglia) (Se il padrone lo sapesse... eppure io lo faccio per bene. Ma il bene se non comoda, non si gradisce). Non vi è nessuno, (forte a Zelinda)
Zelinda. Ho letto. Avete ragione. Si conosce che l’amore è molto avanzato, e conoscendo il carattere onesto della virtuosa, non si può credere che il disegno d’un matrimonio.
Fabrizio. Come mai si potrebbe fare per rimediarvi?
Zelinda. Lasciate operare a me; lasciate a me questa lettera. Parlerò io a don Flaminio. (la mette sul tavolino sotto la cestella)
Fabrizio. Mi pare, se male non ho capito, ch’egli prometta alla cantatrice di venire segretamente in città.
Zelinda. Sì, è vero; quando avete ricevuto la lettera?
Fabrizio. Ieri sera.
Zelinda. Promette di venir oggi.
Fabrizio. E se viene, e se va da lei...
Zelinda. State attento, e avvisatemi. Non avrò alcun riguardo d’andar io stessa a trovarlo, a sorprenderlo, a parlar a lui, a parlar a lei, a disingannarli, a convincerli. Sono troppo interessata per questa famiglia. Lasciatemi operare, e ne vedrete l’effetto.
SCENA IV.
Lindoro e detti.
Lindoro. (Eccoli qui in conferenza ancora. Cospetto, hanno de’ gran segreti). (da sè, e resta in disparte)
Fabrizio. Non ci vuol meno della vostra condotta, della vostra politica, per condurre questa faccenda.
Zelinda. Spero che all’ultimo il signor don Flaminio sarà contento di me.
- ↑ Ed. Zatta: qualc’uno.