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LA GELOSIA DI LINDORO 113


voi;1 ecco qui, mirate le belle camiscie ch’io sto facendo. Sono per il mio caro marito.

Lindoro. Vi ringrazio, la mia Zelinda, vi ringrazio di cuore, ma sarei più contento se ci fosse permesso di vivere altrove, e di poter uscire di questa casa.

Zelinda. Scusatemi, Lindoro mio, io non capisco come possiate odiare una casa in cui abbiamo avuto tanto bene, e dalla quale ne possiamo sperare d’avvantaggio. Il signor don Roberto2 ci ha promesso beneficarci col suo testamento, ed è uomo da farlo, e son sicura che lo farà.

Lindoro. (Tutto il bene ch’egli può farmi non vale l’inquietudine ch’io soffro. Quant’amo il padre, odio altrettanto il di lui figliuolo). (da sè, scrivendo)

Zelinda. Questa è veramente una casa adorabile: è vero che la padrona è al solito un poco inquieta, che non mi vede ancor di buon occhio, ma non mi tormenta più come faceva una volta: don Flaminio poi ha per me una bontà, e posso dire un rispetto che non si può desiderar d’avvantaggio.

Lindoro. (Ah, questo è quello che mi tormenta). Vi pare dunque che don Flaminio abbia della bontà per voi?

Zelinda. Sì, certo, moltissima.

Lindoro. Aveva per voi la stessa bontà prima che diveniste mia moglie. (con un po’ d’ironia)

Zelinda. Oh sì, è vero. Ma la cosa è assai differente. Allora mi amava con un’altra intenzione. Ora è totalmente cangiato. E’ veramente un giovane savio, civile, onorato. Si unisce al padre nel desiderio di farmi del bene, e dopo ch’io son maritata, tutto l’amore ch’aveva per me, l’ha cangiato in vera e perfetta stima.

Lindoro. (Questo è quello ch’io non credo). (da sè, scrive)

Zelinda. Io vi conosco assai ragionevole, e son certa che non vi resterà alcun sospetto sopra di lui.

  1. Nell’ed. Zatta c’è una semplice virgola.
  2. Avverto che nella ed. Zatta si stampa Don Roberto, più spesso D. Roberto, ma sempre donna Eleonora. Noi preferiamo stampare don e donna, come nelle commedie precedenti.