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NOTA STORICA
Un ventaglio cade e si rompe. Incidentino da nulla, donde un geniale commediografo nella maniera più naturale del mondo fa scaturire una sua argutissima favola... Dicono al Goldoni che dei Piccoli Avvisi i londinesi si servono anche per combinar matrimoni. Il fatto lo colpisce. Vi scorge, o crede, un ottimo spunto di commedia. Ma dall’artificiosa trovata esce di necessità il lavoro più artificioso che darsi possa. In questo Matrimonio per concorso ognuno avverte lo sforzo.
Continui equivoci di persone, resi possibili e mantenuti solo dall’attenta sostituzione di nomi comuni ai propri. Malintesi che si complicano fino a disorientare anche lo spettatore. Troppi «incantesimi», troppi «disordini», troppe «confusioni», come esclama Doralice, la vittima più tormentata dell’inestricabile imbroglio. S’aggiunga alla derrata un travestimento: di quelli che abbondano nei drammi musicali del Nostro e troppo ricordano l’ingenuo teatro del Nelli. Ripieghi stantii della vecchia commedia. Ammiri chi vuole l’abilità nell’ aggrovigliare i fili. In questo Matrimonio per concorso manca l’alito vivificatore dell’arte. Non sappiamo se nel comporla il G. cedesse al «gusto depravato della platea», come afferma Carlo Cocchetti (Letture di famiglia, Trieste, 1859, p. 146). Cedette sicuramente alla necessità di mandare un lavoro purchessia al Vendramin. Ma ben nota lo stesso critico che «gli incidenti vi ridondano stemperatamente». «Stracca e debole nei caratteri» dice la commedia il Caprin (C. G., Milano, 1907, p. 202). Però, a difesa dell’autore, non si scordi che doveva essere commedia d’imbroglio; nulla più. «Ha una curiosa aria di pochade moderna», avverte opportunamente G. Piazza (Il piccolo, Trieste, 11 genn. 1909).
Da quelle squallide figure di convenzione che sono i suoi personaggi si stacca, per qualche tratto originale, Pandolfo, curioso tipo di furfante arricchito, un po’ Fabrizio (Innamorati), un po’ Brighella (Figlia ubbidiente). «Questo carattere di Pandolfo è una novità notevole nel teatro goldoniano — osserva Ernesto Masi. — È una mescolanza complicata di pazzo, di fanatico e di briccone, in cui non si sa bene quale dei tre prevalga e che si accosta ai tipi di composizione e di derivazione modernissima» (Scelta di commedie di C. G., Firenze, 1897, vol. II, p. 475). Lo Schmidbauer rileva l’antitesi del mercante disonesto col galantuomo (Anselmo), che nel teatro del Nostro non è certo la prima. Ma, in barba alla morale, anche questa volta chi per ragioni d’arte perde la gara è il virtuoso. Il travestimento di Filippo suggerisce allo Schmidbauer il pensiero che il Goldoni non sapesse figurarsi i tedeschi che soldati. Tutta la commedia gli sembra «un nodo quasi inestricabile di equivoci» (Das Komische bei Goldoni, München, 1906, pp. 142, 150).
Ernesto Masi che col solo fatto d’aver accolto questa commedia nella sua Scelta mostrò di farne conto, non risparmia qua e là la critica nelle sue note. «Giochetti alquanto volgari» derivati dalla commedia dell’arte, gli sembrano i quiproquò continui delle due fanciulle e dei due babbi, e «goffaggine inescusabile» il travestimento di Filippo (ibid., pp. 499, 537). Tralasciamo appunti minori. Pur senza ignorarne i difetti volle comprendere il Matrimonio