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IL MATRIMONIO PER CONCORSO 511

Doralice. Oh dio! la vostra pietà mi consola.

Roberto. Sarò io degno della vostra grazia, della vostra corrispondenza?

Doralice. Voi mi mortificate, voi vi prendete spasso di me.

Roberto. Ah no, non fate quest’ingiustizia alla tenerezza di un cuore, ch’è penetrato dal vostro merito e dalle vostre disavventure.

Doralice. Il cielo benedica il vostro bel cuore.

Roberto. Parlerò a vostro padre.

Doralice. Compatite la debolezza di un uomo perseguitato dalla fortuna.

Roberto. Sareste1 voi disposta ad amarmi?

Doralice. Suppongo che il vostro amore non potrà essere che virtuoso.

Roberto. Degno di voi, e degno di un uomo d’onore, qual mi professo di essere. Roberto io sono degli Albiccini, negoziante in2 Parigi.

Doralice. Vien gente. Permettetemi ch’io mi ritiri.

Roberto. Non potrei accompagnarvi all’appartamento? Attendere con voi il ritorno di vostro padre?

Doralice. No, se avete di me qualche stima, lasciatemi sola presentemente, ed aspettatelo3 o ritornate, qual più vi aggrada; amo il mio decoro più della4 vita istessa. Signor Roberto, all’onore di rivedervi. (s’inchina, e vuol partire verso la sua camera)

Roberto. Assicuratevi, che ho concepito per voi della tenerezza, che vorrei potervela far rilevare.... (seguitandola)

Doralice. Non vi affaticate per or d’avvantaggio5. La vostra bontà mi ha penetrato bastantemente. (con tenerezza; parte ed entra 6

  1. C. s.: Sarete.
  2. C. s.: a.
  3. C. s.: o aspettatelo.
  4. C. s.: della mia ecc.
  5. C. s.: per ora di vantaggio. E segue: «(Che cuor gentile!) Roberto. (Che giovane virtuosa!) Doralice. La vostra bontà ecc.».
  6. C. s.: con tenerezza parte.