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IL MATRIMONIO PER CONCORSO | 507 |
Doralice. (Dalla porta della sua camera, che viene da lei aperta) Ehi della locanda? Camerieri vi è nessuno?1
Roberto.(Oh ecco un’altra donna; sarebbe questa per avventura2 la giovane degli affissi?)
Doralice. (Questa è una miseria. Non si può avere un servigio. Pregherò mio padre che non mi lasci più sola).
Roberto. (Parmi di riconoscere ancora in questa dei contrassegni indicati).
Doralice. Ehi dell’albergo? (chiama forte)
Roberto. Signora, comandate voi qualche cosa? Posso io aver3 l’onor di servirvi?
Doralice. Scusatemi, signore, avrei bisogno di un servitore.
Roberto. Andrò io a chiamarlo, se comandate.
Doralice. Oh no, vi supplico, non v’incommodate per me.
Roberto. Lo farò col maggior piacere del mondo. Ditemi che cosa vi occorre,4 darò io i vostri ordini, se vi contentate,
Doralice. Vi ringrazio, signore.
Roberto. Vi supplico instantemente.
Doralice. Per dirvi la verità, vorrei che un servitore mi portasse un bicchiere di acqua.
Roberto. Sarete servita immediatamente. (Se è quella, mi pare che abbia del merito. Mi piace infinitamente5). (parte per la porta di Filippo6).
SCENA XVI.
Doralice, poi Roberto, e poi il Servitore della locanda.
Doralice. Mi rincresce infinitamente dover incommodare7 una persona ch’io8 non conosco, ma la necessità mi obbliga a prevalermi della sua gentilezza.
Roberto. Signora, voi sarete tosto servita.