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IL MATRIMONIO PER CONCORSO 505

Lisetta. Io? Sono maritata1, e non vi può niente interessare la mia persona.2

Roberto. Via, signora, non siate meco sì austera; e chi è il vostro signor marito?

Lisetta. Che cosa importa a voi di conoscere mio marito?

Filippo. Oh via, il signor Roberto è mio padrone e mio buon amico. Bisogna soddisfarlo, bisogna dirgli la verità. Quella è mia moglie.

Roberto. Vostra moglie?

Lisetta. Sì signore, sua moglie.

Roberto. Me ne consolo infinitamente. È lungo tempo ch’è vostra moglie?

Filippo. Un anno incirca, non è egli vero, Eleonora?

Lisetta. Sì, un anno e qualche mese; comanda altro, signore?

Roberto. Vi supplico appagare la mia curiosità. Vorrei poter dire di essere stato il primo a vederla.

Lisetta. Chi?

Roberto. La giovane degli affissi.

Lisetta. Ella? Ditemi in grazia, signore: sareste voi in grado di sposare una giovane esposta in una maniera da voi medesimo condannata?

Roberto. Il cielo mi liberi da un tal pensiero. Son3 un uomo d’onore, sono un negoziante assai conosciuto da monsieur Filippo, son qui venuto per bizzarria, per capriccio, per divertirmi, per burlarmi di un padre sciocco e di una figlia ridicola.

Lisetta. Mi maraviglio di voi, che abbiate tai sentimenti. Gli uomini d’onore non si devono burlare delle figlie onorate. La vostra è un’azione pessima, e un’intenzione maligna. S’io fossi4 quella tale che voi cercate5 saprei trattarvi a misura del vostro merito, e vorrei farvi imparare, se nol sapete, che le donne si trattano con pulizia, con civiltà6 e con rispetto. (parte, ed entra nella sua camera7)

  1. C. s.: Io sono maritata.
  2. Dopo queste parole di Lisetta, nelle ed.i citate si salta alle parole di Roberto: Il cielo mi liberi ecc.
  3. C. s.: Sono.
  4. C. s.: un’azione pessima, un’azione maligna. Se fossi ecc.
  5. C. s.: che cercate ecc.
  6. Nelle ed.i cit. qui finiscono le parole di Lisetta.
  7. C. s.: va in camera.