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504 | ATTO PRIMO |
(lei) Scusatemi, signora mia, dell’ardire: sareste voi per avventura la bella e graziosa giovane, di cui ho letto con mio piacere l’avviso al pubblico?
Filippo. (Che tu sia maladetto!)
Lisetta. Signore, io non sono nè bella, nè graziosa; per conseguenza non sono quella che voi cercate.
Filippo. Non signore1, non è quella altrimenti. Voi domandate2 di una giovane da marito, e quella è di già maritata. (fa cenno a Lisetta.)
Lisetta. Così è, padron mio, sono maritata. (Bravo Filippo, capisco il gergo3).
Roberto. Nuovamente vi chiedo scusa, se ho fatto di voi un giudizio che non vi conviene. In fatti non si può sentire cosa più ridicola al mondo. Pare impossibile che si trovi un padre sì sciocco, che voglia esporre in cotal guisa una figlia.
Filippo. Non può essere che uno zotico, un ignorante, una bestia.
Roberto. Ma non carichiamo il padre soltanto; convien dire che anche4 la figlia, poichè lo soffre, non abbia miglior talento e miglior riputazione.
Lisetta. Oh, in quanto a questo, signore, voi pensate male e parlate peggio. Il padre può essere capriccioso, può aver fatto ciò senza il consenso della figliuola5; ella può essere savia, ragionevole e onesta6 e non si giudica male delle persone che non si conoscono. (con sdegno)
Roberto. Signora, voi vi riscaldate sì fortemente, che mi fate credere che la conosciate. Fatemi il piacere di dirmi chi ella sia.
Lisetta. Io non la conosco altrimenti; e se parlo, parlo per onore del sesso.
Filippo. (Bravissima! non si porta male).
Roberto. Lodo infinitamente il vostro zelo e il vostro talento;7 posso esser degno di sapere almeno chi siete voi?