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IL MATRIMONIO PER CONCORSO | 489 |
Lisetta. Non saprei dirlo precisamente, ma credo che non avrà1 difficoltà di arrivare a dieci o dodici mila scudi2.
Filippo. A Parigi una simile dote non è gran cosa; ed io, locandiere qual sono, se mi avessi a maritare senza passione, non lo farei per minore3 dote di questa.
Lisetta. Ecco un altro timore che m’inquieta. Dubito, s’ei qui non trova da maritarmi a suo genio, ch’ei non risolva di condurmi4 in Italia, e sarebbe5 per me il maggior dispiacere del mondo.
Filippo. Non vedreste volentieri la patria di vostro padre? Sono italiano ancor io, e vi assicuro che il nostro paese non ha niente ad6 invidiare a qualunque altra parte del mondo.
Lisetta. Sì, è vero, vedrei volentieri l’Italia, ma....7
Filippo. Che volete dire? Spiegatevi.
Lisetta. Non la vedrei volentieri senza di voi.
Filippo. Questa vostra dichiarazione mi obbliga, m’incanta, m’intenerisce.
Servitore. Signor padrone, in questo punto è entrato il signor Pandolfo. (parte)
Lisetta. Ah, che mio padre non mi sorprenda. Mi ritiro nella mia camera.
Filippo. Sì, penseremo al modo
Lisetta. Addio, addio; amatemi, che io vi8 amo. (entra nella sua camera)
SCENA II.
Filippo, poi Pandolfo.
Filippo. Lisetta è la più amabile figliuola del mondo. Peccato ch’ella abbia un padre sì9 stravagante.
Pandolfo. È venuto nessuno a domandare10 di me? (grossamente)