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nica, del diletto teatrale. Scrissi li per li cinque atti che per fortuna stettero a dormire nel fondo d’un cassetto dieci anni. Un bel giorno, il caso me li fece trovare: tagliai, accomodai: i cinque atti divennero tre, e la commedia divenne la favorita di tutti i brillanti cominciando dal povero Belletti» (Il Libro delle confessioni, raccolte da G. Costetti, Ediz. del Cap. Fracassa). Il ventaglio, tramutato già in pettine e anello, diventa grillo in una fortunata commedia di Augusto Novelli, ma di quel ventaglio resta «parente stretto anzi consanguineo». Così un altro anonimo [Giovanni Pozza?] nel Corriere della sera (4 settembre 1909). Di Giacinto Gallina non una, ma parecchie commedie ripetono, secondo Alberto Boccardi, il motivo goldoniano. «Com’egli avesse sempre dinanzi agli occhi quell’insuperabile modello del suo maestro, ove un ventaglio, caduto alla seconda scena del primo atto per isbadataggine d’una bella donnina da un poggiuolo sulla strada sottostante, è origine innocente di infiniti garbugli, il Gallina pare non sappia staccarsi che con isforzo da un consimile procedimento: sarà così, semplicemente, il nocciolo della commedia un portafoglio nel Moroso della nonna, una pezza di stoffa nella Famegia in rovina, una chitarra nella Chitarra del papà, un ventaglio nella Zente refada, un orologio in Serenissima, un anello falso nella Base de tuto» (Boccardi, Teatro e vita, Trieste, 1905, p. 185).
Quali dei commediografi stranieri che intorno a un oggetto smarrito o trafugato architettarono una commedia d’intreccio conobbero il Ventaglio? Eugenio Labiche che spinge tutto un corteo nuziale - come una muta di cani - a caccia d’un cappello di paglia (C. Levi, Una esumazione. Il Marzocco, 8 novembre 1914)? Il Meilhac, nel cui Attaché, come nella commedia goldoniana, un ventaglio avvia l’azione, l’imbroglia, la risolve (Urban, Das Welt- Theater cit., p. 91)? Caillavet e De Piers che di un ventaglio nell’omonima commedia loro fanno il simbolo della civetteria femminile ( Wiener Journal, 19 gennaio 1908)? Forse il solo Sardou lesse il capolavoro goldoniano per trarne ispirazione alle sue Pattes de mouche (P. Bettoli, Il mago Sardou, La Scena illustrata, 15 agosto 1906). L’imitazione non confessata, ma palese, della Casa nova lo tradisce buon conoscitore del Teatro del Nostro (cfr. Nota stor., vol. XVIII) Vogliamo ricordare ancora il Lady Windermere’s Fan d’Oscar Wilde, dove il ventaglio, poverino, dopo aver favorito altrove tante comiche peripezie, si fa complice d’adulteri amori?
Questa festevolissima commedia goldoniana svegliò l’estro musicale di due compositori di grido. Non sappiamo che fortuna sia toccata al Ventaglio allestito dal noto poeta melodrammatico Gaetano Rossi per Giuseppe Farinelli e rappresentato nel 1803 al Nuovo di Padova (e altrove?). Ma un altro briosissimo libretto, opera di Domenico Gilardoni, trovò favore immenso nella musica del romano Pietro Raimondi. Fu dato la prima volta al Nuovo di Napoli nel carnevale del 1831 ed «applaudito con vero fanatismo» (Florimo, La Scuola musicale di Napoli, ecc., Napoli, 1882, vol. III, p. 97). Il successo enorme - scrive Salvatore di Giacomo - prende le proporzioni di un avvenimento: il Nuovo è pieno zeppo ogni sera, le vie circostanti sono affollate di carrozze signorili, la sala è sempre gremita del pubblico più fine e intelligente. Una vera festa d’arte...» (Cronaca del Teatro San Carlino, Trani, 1895, p. 396). Famoso e popolare diventa subito il terzetto del Conte, Crespino