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gnie Moro-Lin e Zago, ebbe fortuna un rifacimento di Alessandro Zanchi, che altro ancora ideò e ridusse per la scena veneziana (cfr. Giacinta Gallina, Dal Goldoni al Gallina, Cividale, 1904, pp. 25 sgg.). E nel cod. Cicogna 685 del Museo Correr, con questa indicazione: «Il Ventaglio, commedia del Sig. C. Goldoni di 3 atti in prosa, ridotta dalla lingua Toscana nella Veneziana da A. Zanchi veneto intitolandola La Ventola». Dopo alcuni cenni sulla commedia del Goldoni scritta per Parigi, lo Zanchi scrive: «Conosciuta in Italia la si vide sui teatri di questa Penisola già in Dialetto Toscano. La Comp. Mascherpa e Velli trovandosi in Venezia occupando il Teatro di S. Giovanni Grisostomo mi pregò di ridurla in dialetto veneziano: la compiacqui. Scelsi il luogo nella Villa di Zero, avendo questa Villa fabbricato unito, e conformante una piazzetta contornata di botteghe e fra queste una di caffè, e eravi pure un’Osteria. Si vide in Venezia su di detto Teatro nell’anno 1820 declamata dalla detta Compagnia: piacque, se ne fecero più repliche. Nella Primavera 1820 la stessa Compagnia la rappresentò in Vicenza, nell’estate 1823 in Trieste, ed in Mantova nell’autunno di tale anno, e mi fu riferito che sempre ha piaciuto. Non fu lieve fatica la mia per far ritenere che potesse essere composta in veneziano dialetto, sostenendo caratteri veneziani, quando originarono toscani: fui però costretto, e senza somma difficoltà di ritenerne uno toscano. È difficile trovare compagnia comica italiana composta di artisti che possedino (sic) tutti il veneto dialetto, ed è perciò che le Comiche Compagnie la fanno comparire sul teatro in dialetto toscano. La Commedia è lodevolissima, e degna che si noveri fra una delle migliori commedie di detto autore». Ci sono anche i permessi delle recite: a Venezia, 15 dicembre 1822, Trieste 11 giugno 1823, Vicenza 2 agosto (?) 1825 (1823?), Mantova 29 e 30 ottobre 1823, Treviso 28 dicembre 1825 (?).
Teniamo conto ancora d’una riduzione in dialetto napoletano di Filippo Cammarano per il San Carlino, dove intorno al 1820 recitava la famosa Compagnia di Silvio Maria Luzi. N’era il titolo L’acqua zurfegna [zulfurea] e «tutti i deliziosi equivoci goldoniani, originati dall’ormai celebre ventaglio scaturivano invece da una pettenessa [pettine]» (Scarpetta, Da S. Carlino ai Fiorentini, Napoli, 1900, p. 77; cfr. anche di Giacomo, Cronaca del Teatro San Carlino, Trani, 1895, p. 383). E per debito di annotatori pedanti ricordiamo ancora che A. Sagredo nell’anonimo suo scritto Di Pietro Metastasio e di Carlo Goldoni, per qualche tiro birbone della difettosa sua informazione goldoniana, affermò avere l’autore trasportato il Ventaglio in prosa da una redazione originale in versi martelliani (Venezia, Lampato, 1834, p. 41)!
La felice trovata del Ventaglio ebbe tra noi imitatori che al notissimo modello attinsero più o meno liberamente, ma di rado così da farne perdere la traccia. Nell’Anello della nonna di Augusto Bon un anonimo cronista della Rivista Europea riconosceva «una variante del Ventaglio di Goldoni, poichè quest’anello gira e rigira come quel ventaglio dall’una mano nell’altra, producendo dispetti, rancori e gelosie, fino a che collo svilupparsi del nodo si chiarisce ogni cosa, e si compongono le nozze e le paci» (1841, p. 356). Dal Ventaglio scaturì la prima idea della fortunatissima Bolla di sapone del Bersezio. «Avevo quattordici anni: - scriv’egli - quel viluppo di azioni mi piacque tanto che vidi in esso il non plus ultra della comicità dell’arte sce-