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tier et le cabaretier nous rappellent que le premier a trouvé le bienheureux éventail et que le second ne sait pas encore l’avoir perdu; et le va-et-vient des autres personnages nous fait souvenir que dans cette pièce les complications naissent a chaque instant de ceux qui s’attend le moins à les produire» (pag. 370).

Parecchi richiami al Ventaglio sono negli spersi studi del Momigliano. «Commedia di chiacchiere e di imbrogli» la definisce, «dove [il Goldoni] ha saputo vedere la linea artistica» (I limiti dell’arte goldoniana, Miscellanea Renier, Torino, 1913, p. 85). Come in tutte quelle che «han per tema lo svolgimento d’un fatto ben determinato, la comicità generale è il pregio maggiore» (La comicità e l’ilarità del Goldoni, Giorn. stor. d. lett., 1913, vol. 16, p. 33 [estr.]). Altrove appunta gli accenti melodrammatici, fuori di tono e di verità, in cui esce Evaristo quando Candida lo respinge: «improvvise raffiche di mal gusto», ch’egli non riesce a spiegarsi (Il mondo poetico del Goldoni, L’Italia moderna, 15 marzo 1907, pp. 476, 477). Tra le Opere di Carlo Goldoni, scelte da lui e illustrate (Napoli, Perrella, [1914]), il Ventaglio è ristampato intero accanto ai Rusteghi, e alla Locandiera: testimonianza del significato che il valoroso critico riconosce a quest’opera. Le sobrie e acute note alla commedia son condensate da ultimo in questa che ci piace di riportare intera: «Il Ventaglio è fra le cose migliori del Goldoni per l’agilità inesauribile delle complicazioni, per la densità e per la rapidità dell’azione. Mancano quasi affatto le chiacchiere, come mancano nella vita quando si agisce. L’azione dura poche ore, ed è piena, vana come un azione reale a cui sia stato tolto quasi sempre ciò che non contribuisce alla sua fisonomia. La ridicolezza della caccia al ventaglio cresce col proceder dell’azione. Il Goldoni mostra benissimo il contrasto fra l’accanimento della ricerca e la futilità dell’oggetto cercato. L’interesse è tutto in questa ricerca, che svela la piccineria d’un ambiente. Dato quest’indirizzo si capisce che in generale i personaggi presi a sè abbiano poco rilievo: i più notevoli sono Giannina e il conte; ma sono tutt’altro che creazioni. Non è un difetto: chi guarda al complesso di un’azione, non può conoscere a fondo nessuno degli attori, ma può rilevare il significato psicologico di quell’azione. Così ha fatto il Goldoni; e per questo il Ventaglio è un capolavoro».

Adolfo Padovan, anch’esso editore di Commedie scelte del Nostro (Milano, Hoepli, 1912), tra le quali è il Ventaglio, riassume un suo giudizio così: «non... studio di caratteri, non singolarità di tipi, nè dei personaggi studiati di sul vero e vivi, ma dei brani di vita messi insieme con dirittura di giudizio e aromati di comicità. Una commedia dunque d’artificio, che piace per il modo come è svolta, per il brio del dialogo, le sorprese degli episodi, ma nella quale il Goldoni non crea, ma combina; non dimostra una geniale spontaneità operante, ma solo della abilità e della destrezza». Apprezzamento ingiusto se mai altro. L’abilità e la destrezza non bastano a crear capolavori. Nè s’intende come senza «personaggi studiati di sul vero e vivi» si possano metter insieme «brani di vita». Sì, figure sbozzale alla braca, piuttosto che ritratti, nota anche il Chatfield-Taylor (Goldoni, a biograph), New-York, 1913, p. 512), ma intorno a singoli personaggi, a Giannina p. e., l’arte del Goldoni, ci sembra, indugia con particolare cura, e n’esce - nell’atteggiamento e nella parola - una figura