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il Ventaglio a tale contemperamento segna il punto d’arrivo. Ma se già il Servitore, ancora tutto entro l’ambito del teatro improvviso, crea un tipo: l’ineffabile Truffaldino, la cui voracità produce tanti giocondissimi imbrogli - nel Ventaglio, opera di chi al teatro meditato avea già largito i frutti del suo genio più maturo, i personaggi agiscono e parlano come nella realtà. Ed è in mezzo ad essi Giannina, una delle fanciulle più vive e più vere del teatro goldoniano. Perchè il Nostro, pur se la favola posa tutta sull’intreccio, non sa astrarre dalla vita.

Ernesto Masi con la consueta penetrazione addita così la sorgente, donde il nostro derivò questo suo freschissimo Ventaglio: «L’ispirazione gli viene evidentemente dalla commedia dell’arte, messa qui al servizio dell’arte comica più premeditata e più raffinata, dalla commedia dell’arte, di cui questa commedia è quasi l’ultima parola, l’ultima varietà, per dir più esatti, della trasformazione, che il Goldoni ha fatto della commedia dell’arte nella sua commedia popolare. Per convincersene, oltre a tante parti dalla commedia, che si potrebbero indicare, basta l’ultima scena, quando dopo tanto tumulto si scopre l’arcano del ventaglio caduto, ricomprato, spedito, smarrito, ritrovato, trafugato, regalato a chi non lo doveva avere, ricuperato finalmente e consegnato alla fanciulla, a cui era fin da principio destinato. Tuttociò è uno dei cosidetti imbrogli della commedia dell’arte, ma avvolto e svolto dalla potente mano del Goldoni, il quale nella verità poi, nella sobrietà di colorito, nella delicatezza di tutto il quadro e nella mezzanità stessa, in cui ha saputo contenere gli affetti, i caratteri, i difetti, le caricature di tutta quella gentuccia, si rivela artista finissimo, onde ben a ragione si vantava esso, il Goldoni, del suo lavoro...» (Scelta di commedie di C. G., Firenze, 1897, vol. II, p. 352).

Il Ventaglio è compreso nel Catalogue des pièces de théâtre de M. Goldoni dont il est parlé dans ces Mémoires. Ma chi lo stese questo catalogo, errò. Le Memorie ignorano il Ventaglio. Forse perchè a Parigi non ebbe fortuna, nè della sorte toccata alle commedie goldoniane nella lontana Venezia s’occupa mai l’ultima parte della Vita. Tale silenzio trasse seco quello di troppi critici schiavi delle Memorie. Così neppure il nome della bella commedia fanno Gherardo de Rossi, il Meneghezzi, il Gavi, il Carrer, il Klein, il Royer e il Guerzoni. Il solo titolo, senza l’ombra d’un apprezzamento qualsiasi, è nelle opere del Galanti (p. 388). Il De Gubernatis che pur dedica pagine molte al Cavaliere di buon gusto, all’Avventuriere onorato e ad altre commedie mediocri e ben morte, menziona la nostra solo di passata in mezzo ai «capilavori» (C. G., Firenze, 1911, p. 186). Perchè «capolavoro», credemmo s’avesse a tenere conto anche di chi, tra i critici maggiori del Nostro, l’ignora o trascura.

Posto eminente nell’opera del suo autore danno invece al Ventaglio il Brofferio (I miei tempi, Torino 1904. vol. VI, p. 336; vol. VIII, p. 125), il Ciampi (La commedia italiana, Roma, 1880, p. 234), Gaetano Zocchi (Il teatro italiano a’ tempi nostri. Prato, 1885, p. 78), il Giovagnoli (Centenario in onore di C. G., Roma. Ferino, 1893, p. 3), il Molineri (Storia d. lett. ital., Torino, 1898, vol. III. p. 177), Vernon Lee (Il 700 in Italia. Milano, 188; voi. II, p. 287), Giulio Caprin (C. G., Milano, 1907, p. 199). il Pasqualini (C. G., Assisi, 1909, p. 29), il Del Cerro (Nel regno delle maschere, Napoli, 1914, p. 344), il Vaccalluzzo (Carlo Goldoni, Messina, 1914,