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460 | ATTO TERZO |
Coronato. Signor Conte... (con smania)
Conte. Io sono un cavalier giusto, un protettor ragionevole, umano. Giannina non vi vuole, ed io non posso, non deggio e non voglio usarle violenza.
Giannina. Signor sì, voglio Crespino a dispetto di tutto il mondo.
Coronato. Cosa dite voi? (a Moracchio)
Moracchio. Cosa dite voi? (a Coronato)
Coronato. Non me n’importa un fico. Chi non mi vuol, non mi merita.
Giannina. Così va detto.
Conte. Ecco l’effetto della mia protezione. (a Crespino)
Coronato. Signor Conte, ho mandato l’altro barile di vino.
Conte. Portatemi il conto, e vi pagherò. (dicendo così, tira fuori la scatola d’oro e prende tabacco.)
Coronato. (Ha la scatola d’oro, mi pagherà). (via)
Moracchio. Hai poi voluto fare a modo tuo. (a Giannina)
Giannina. Mi par di sì.
Moracchio. Se te ne pentirai, sarà tuo danno.
Conte. Non se ne pentirà mai; avrà la mia protezione.
Moracchio. Pane, pane, e non protezione. (entra in casa)
Conte. E così, quando si faranno le vostre nozze?
Crespino. Presto.
Giannina. Anche subito.
SCENA XIV.
Barone dalla spezieria, e detti.
Barone. Ebbene, signor Conte, avete veduta la signora Candida? Le avete dato il ventaglio? Perchè non avete voluto che avessi io il contento di presentarglielo?
Giannina. (Come! non l’ha avuto il signor Evaristo?)
Conte. Io non ho ancora veduto la signora Candida, e circa il ventaglio ne ho degli altri, e ve ne ho destinato un migliore. Oh, ecco qui la signora Geltruda.