Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu/456

444 ATTO TERZO

Giannina. Venite qui, ditemi: il signor Evaristo è ancor là? (placidamente)

Limoncino. Dove là?

Giannina. Da voi.

Limoncino. Da noi?

Giannina. Sì, da voi. (sì scalda un poco)

Limoncino. La bottega è lì; se ci fosse, lo vedreste.

Giannina. Puh! nel giardino.

Limoncino. Puh! non so niente. (via, ed entra in bottega)

Giannina. Pezzo d’animalaccio! Se avessi la rocca, gliela scavezzerei sul collo. E poi dicono ch’io son cattiva. Tutti mi strapazzano; tutti mi maltrattano. Quelle signore di là, questa sguaiata di qua, Moracchio, Coronato, Crespino... Uh maledetti quanti che siete.

SCENA VI.

Evaristo dal caffè, correndo con allegria, e detta; poi Coronato.

Evaristo. Oh eccola, eccola. Son fortunato. (a Giannina)

Giannina. Ih! ih! Cosa vuol dir quest’allegria?

Evaristo. Oh Giannina, sono l’uomo il più felice, il più contento del mondo.

Giannina. Bravo, me ne consolo. Spero che mi farete dare soddisfazione delle impertmenze che m’hanno detto.

Evaristo. Sì, tutto quel che volete. Sappiate, Giannina mia, che voi eravate presa in sospetto. La signora Candida ha saputo ch’io vi1 aveva dato il ventaglio, credeva che lo avessi comprato per voi, era gelosa di me, era gelosa di voi.

Giannina. Era gelosa di me?

Evaristo. Sì, certo.

Giannina. Ah che ti venga la rabbia! (verso il palazzina)

Evaristo. Si voleva maritar con altri per sdegno, per vendetta, per disperazione. Mi ha veduto, è caduta, è svenuta. Sono

  1. Così tutti i recenti editori. Nell’ed. Zatta il vi è omesso.