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438 | ATTO TERZO |
Crespino. Rabbia? E di che avete rabbia?
Giannina. Che quel ventaglio sia nelle mani di Coronato.
Crespino. Sì, è nelle mani di Coronato. (ridendo)
Giannina. E per che cosa ridete?
Crespino. Rido perchè è nelle mani di Coronato, (si alza, prende gli avanzi del desinare, ed entra in bottega.)
Giannina. È un ridere veramente da sciocco.
Susanna. Non credeva che il mio ventaglio avesse da passare per tante mani. (lavorando)
Giannina. Il vostro ventaglio? (voltandosi con dispetto)
Susanna. Sì, dico il mio ventaglio, perchè è sortito dalla mia bottega.
Giannina. M’immagino che ve l’avranno pagato.
Susanna. Ci s’intende. Senza di questo non l’avrebbero avuto.
Giannina. E l’avranno anche pagato il doppio di quel che vale.
Susanna. Non è vero, e se fosse anche vero, cosa v’importa? Per quello che vi costa, lo potete prendere.
Giannina. Cosa sapete voi quello che mi costi?
Susanna. Oh, se vi costa poi qualche cosa... non so niente io... Se chi ve l’ha dato ha delle obbligazioni... (con flemma caricata, satirica.)
Giannina. Che obbligazioni? Cosa parlate d’obbligazioni? Mi maraviglio de’ fatti vostri. (balza in piedi)
Susanna. Ehi, ehi, non crediate di farmi paura.
Crespino. (Dalla bottega) Cosa c’è? Sempre strepiti, sempre gridori.
Giannina. (Ho una volontà di rompere questa rocca). (da sè, siede e fila)
Susanna. Non fa che pungere, e non vuol che si parli.
Crespino. Siete in collera, Giannina? (siede, e si mette a lavorare)
Giannina. Io in collera? Non vado mai in collera io. (filando)
Susanna. Oh ella è pacifica, non si altera mai. (ironica)
Giannina. Mai, quando non mi tirano per li capelli, quando non mi dicono delle impertinenze, quando non pretendono di calpestarmi. (in modo che Susanna senta)
Susanna. (Mena la testa, e brontola da sè.)
Crespino. Sono io che vi maltratta, che vi calpesta? (lavorando)
Giannina. Io non parlo per voi. (filando con dispetto)