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IL VENTAGLIO 431

Moracchio. A me quel ventaglio. (a Giannina, con comando)

Giannina. Lasciatemi stare. (a Moracchio)

Moracchio. Dammi quel ventaglio, che giuro al cielo... (minacciandola)

Giannina. Maladetto! Eccolo qui. (lo fa vedere)

Crespino. A me, a me. (lo vorrebbe prendere)

Coronato. Lo voglio io. (con collera lo vuole prendere)

Giannina. Lasciatemi stare, maladetti.

Moracchio. Presto, da’ qui, che lo voglio io.

Giannina. Signor no. (a Moracchio) Piuttosto lo voglio dare a Crespino.

Moracchio. Da’ qui, dico.

Giannina. A Crespino. (dà il ventaglio a Crespino, e corre in casa)

Coronato. Date qui.

Moracchio. Date qui.

Crespino. Non l’avrete. (tutti due sono attorno a Crespino per averlo, egli fugge via per le quinte, e loro appresso.)

SCENA XVI.

Conte sulla terrazza, Timoteo alla balconata.
Poi il Barone e detti.

Conte. Ehi, signor Timoteo. (forte con premura)

Timoteo. Cosa comanda?

Conte. Presto, presto, portate dei spiriti, dei cordiali. E venuto male alla signora Candida.

Timoteo. Subito vengo. (entra in bottega)

Conte. Che diavolo ha avuto a quella finestra? Bisogna che nel giardino del caffettiere vi siano delle piante avvelenate, (entra)

Crespino. (Traversa il teatro, e va dall’altra parte correndo.)

Coronato. (Gli corrono dietro senza dir niente, e tutti via.)
Moracchio.

Barone. (Dal palazzino va a sollecitare lo speziale) Animo, presto, signor Timoteo.

Timoteo. (Dalla speziaria con una sottocoppa con varie boccette) Eccomi, eccomi.