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390 | ATTO PRIMO |
Scavezzo. Sì signore. (Questo almeno è ricco e generoso. Altro che quello spiantato del Conte!) (porta lo schioppo nell'osteria)
Evaristo. Pensate voi di restar qui per oggi? (al Barone)
Barone. Sì, mi riposerò all’osteria.
Evaristo. Fate preparare, che verrò a pranzo con voi.
Barone. Ben volentieri, vi aspetto. Signore, a buon riverirle, (alle signore) Partirò per non dar sospetto. (da sè) Vado nella mia camera, ed oggi preparate per due. (a Coronato, ed entra)
Coronato. S’accomodi, sarà servita.
SCENA II.
Moracchio, Evaristo e dette.
Moracchio. (Collo schioppo esce di casa, e si fa dare il cane da Giannina) Eccomi, signore, sono con lei. (ad Evaristo)
Evaristo. Andiamo. (a Moracchio) Signore mie, se me lo permettono, vado a divertirmi un poco collo schioppetto, (verso le due signore, e prende lo schioppo.)
Geltruda. S’accomodi, e si diverta bene.
Candida. L’auguro buona preda e buona fortuna.
Evaristo. Son sicuro d’esser fortunato, se sono favorito da’ suoi auspizi. (a Candida, e va accomodando lo schioppo e gli attrezzi di caccia)
Candida. Veramente è gentile il signor Evaristo! (a Geltruda)
Geltruda. Sì, è vero. È gentile e compito. Ma, nipote mia, non vi fidate di chi non conoscete perfettamente.
Candida. (Per che cosa dite questo, signora zia?)
Geltruda. (Perchè da qualche tempo ho ragione di dirlo).
Candida. (Io non credo di poter esser condannata...)
Geltruda. (No, non mi lamento di voi, ma vi prevengo perchè vi conserviate sempre così).
Candida. Ah, è tardo il suo avvertimento. Sono innamorata quanto mai posso essere. (da sè)
Evaristo. Oh, tutto è all’ordine: andiamo. (a Moracchio) Nuovamente servitor umilissimo di lor signore. (saluta le due signore in atto di partire.)