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386 ATTO PRIMO


dentro alla sua bottega, pestando in un mortaio di bronzo sulla balconata1. Giannina, da paesana, sedendo vicino alla sua porta filando. Susanna sedendo vicino alla sua bottega, e lavorando qualche cosa di bianco. Coronato sedendo sulla banchetta, vicino all’osteria, con un libro di memorie in mano ed una penna da lapis. Crespino a sedere al suo banchetto, e lavorando da calzolaro con una scarpa in forma. Moracchio di qua dalla casa di Giannina verso i lumi2, tenendo in mano una corda con un cane da caccia attaccato, dandogli del pane a mangiare. Scavezzo di qua dell’osteria, verso i lumini, pelando un pollastro. Limoncino presso alli due, che bevono il caffè colla sottocoppa in mano, aspettando le tazze. Tognino spazzando dinnanzi alla porta del palazzina, e sulla facciata del medesimo. Alzata la tenda tutti restano qualche momento senza parlare, ed agendo come si è detto, per dar tempo all’uditorio di esaminare un poco la scena.

Evaristo. Che vi pare di questo caffè? (al Barone)

Barone. Mi par buono.

Evaristo. Per me lo trovo perfetto. Bravo, signor Limoncino, questa mattina vi siete portato bene.

Limoncino. La ringrazio dell’elogio, ma la prego di non chiamarmi con questo nome di Limoncino.

Evaristo. Oh bella: tutti vi conoscono per questo nome, siete famoso col nome di Limoncino. Tutti dicono: andiamo alle Case nove a bevere il caffè da Limoncino; e ve ne avete a male per questo?

Limoncino. Signore, questo non è il mio nome.

Barone. Oh via, da qui innanzi vi chiameremo signor Arancio, signor Bergamotto. (bevendo il caffè)

Limoncino. Le dico che io non son fatto per far il buffone.

  1. Forina dialettale, da balconada o «balcone ed intendiamo quell’apertura a guisa di finestra grande, che dà lume alle botteghe»: G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano.
  2. Certamente i lumi a olio della ribalta. Vedi anche più sotto.