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310 | ATTO SECONDO |
Petronio. Sentiamo.
Arlecchino. Le senta l’armento1 della canzon. Una donna ha promesso a un galantomo de torlo per marito2, sto galantomo vuol che la sposa fazza a so modo, e la sposa no lo vol far. Nol vuol che la tegna zente in casa, e ela ghe ne vol tegnir. Nol vol conversazion, e ela vol far conversazion. Mi son el galantomo, Camilla xe la sposa, lor signori xe quelli che mi no voleva, e che ela vol. Questa xe la canzon. (tira fuori una carta) El contratto di nozze. Questa xe la musica: el contratto strazzà, el matrimonio desfatto, e bona notte padroni, (in atto di partire.)
Camilla. No, Arlecchino, fermati...
Arlecchino. No gh’è altro Arlecchin. La canzon xe là, la musica xe fenia. Vado a Bergamo, e no se vederemo mai più. (parte)
Camilla. Oh povera me! sono disperata. Per causa vostra ho perduto il mio caro Arlecchino. (a tutti)
Celio. Se per causa nostra vi è avvenuto questo male, è giusto che noi ci rimediamo. Andiamo, signor Silvio, a procurar di di trattenere Arlecchino.
Silvio. E giusto. All’onore di riverirvi. (ad Angelica, e parte)
Celio. Signora Clarice, scusatemi... sarò da voi. (Sono sempre più) incantato del di lei merito). (parte)
Florindo. C’entriamo noi in quest’imbroglio? (a Camilla)
Camilla. Tutti mi avete rovinata. Tutti d’accordo mi avete precipitata.
Florindo. Andiamo, amico; questo è un nuovo soggetto per un madrigale. (a Petronio, e parte salutando tutti)
Petronio. Non vorrei che toccasse a me l’incomodo di sentirlo. (saluta, e parte)
Clarice. Possibile, Camilla, che per causa nostra...
Camilla. Lasciatemi stare per carità.
Clarice. (La sorte non vuol cessar di perseguitarmi). (parte)
Angelica. Camilla, vi compatisco, e mi dispiace che per nostra cagione...