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304 ATTO SECONDO

Florindo. Anzi, so che hanno del talento. Mi preparo di godere infinitamente. (Ci siamo, convien soffrire la seccatura), (a Petronio)

Petronio. (Soffriamola), (a Florindo) (Io non capisco niente nè di musica, nè di poesia).

Pantalone. Le sentirà, le compatirà, piccole cosse, cosse da donne. (ridendo)

Florindo. Si sa che le donne non sono obbligate di saper quanto gli uomini. È egli vero, signor Petronio?

Petronio. Le donne poi saranno sempre donne.

Pantalone. Eh, le xe donne. Mie fie xe donne, ma le xe de quelle donne, sala, che non le gh’ha invidia de qualche omo.

Celio. Sono poco obbliganti questi signori. (piano a Clarice)

Clarice. Li conosco, ma li soffro per compiacere mio padre, (a Celio)

Pantalone. Via, Clarice, faghe sentir quel sonetto che ti ha butta zo sta mattina. Le sentirà un sonetto fatto in diese minuti. Le sentirà se el xe un componimento da donna.

Clarice. Ma voi sapete, signore, che il sonetto non è che abbozzato.

Pantalone. N’importa. Dilo come che el xe. Le sentirà che abozzo.

Clarice. Per obbedirvi, lo dirò com’è. (lira fuori la carta)

Florindo. (Ha più premura ella di dirlo, che noi di sentirlo). (a Petronio)

Petronio. (Sì, la solita vanità de’ poeti). (a Florindo)

Pantalone. Dighe prima l’argomento, se ti vuol che i lo goda. (a Clcrice)

Clarice. Il sonetto riflette sul passaggio che hanno fatto di loco in loco le scienze e le belle arti.

Pantalone. Séntele? Le scienze e le belle arti; e adesso dove xele le scienze e le belle arti? (a Clarice)

Clarice. Lo sentiranno dal sonetto.

Pantalone. Le sentirà, a Parigi. Le scienze e le belle arti a Parigi. Le sentirà el sonetto.

Clarice. Del Nilo un tempo, e dell’Eufrate in riva. Sparse Minerva di scienza1 i frutti. (I)

  1. Ed. Zatta: della scienza.