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L'AMORE PATERNO 299


Silvio. A suo comodo. Non si disturbi per me.

Celio. Amico, vi son servitore.

Silvio. (Lo saluta senza parlare.)

Celio. Come state? Come va la vostra salute?

Silvio. Sto bene. (con dispetto)

Celio. V'inquietate, perchè vi domando se state bene di salute?

Silvio. Tutto il mondo mi fa la stessa domanda. A me non pare di avere una ciera da ammalato.

Celio. E un complimento che si suol fare.

Silvio. E un complimento eterno, che mi secca infinitamente.

Celio. Siete bene particolare.

Camilla. Per una parte il signor Silvio non ha gran torto. Ci sono nella vita civile alcune cerimonie usuali, che sono inutili affatto; ma ecco qui la signora Clarice.

Celio. (Sono ben contento di rivederla).

Silvio. (E Angelica ancor non viene).

SCENA VII.

Clarice e detti.

Clarice. Serva di lor signori. (Silvio la saluta senza parlare)

Celio. Servo umilissimo, signora Clarice. Come sta di salute?

Silvio. (Mostra il dispetto per un tale complimento.)

Clarice. Benissimo ai suoi comandi.

Celio. Me ne consolo infinitamente.

Clarice. Favoriscano d’accomodarsi. (siede nella sedia di mezzo)

Celio. Per obbedirla. (siede alla dritta di Clarice)

Camilla. Ed ella, signor Silvio, non vuol sedere?

Silvio. Sì, eccomi. (siede lontano dagli altri, presso la spinetta)

Clarice. Così lontano, signore?

Silvio. Scusatemi. Amo la spinetta infinitamente, (apre la spinetta, vi trova dentro delle carte di musica, si trattiene osservandole.)

Clarice. Si accomodi.

Celio. Lasciamo il signor Silvio nella sua libertà, e permettetemi ch’io mi prevalga di questi felici momenti, per dirvi ch’io vi