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258 ATTO SOLO

Conte. Signore, voi fate sospettare di aver concepito qualche disegno sopra la mia figliuola, e che cerchiate distorla dal primo impegno.

Barone. Non sarebbe fuor di proposito, che vi fosse sotto qualche impostura.

Marchese. Mi maraviglio di voi. Sono un uomo d’onore, e per convincervi quanti siete, ecco mi levo la maschera. Io sono il marchese Leonardo.

Contessa. (Oh cieli! Qual sorpresa è mai questa?)

Barone. (Ah, temo che sian perdute le mie speranze).

Conte. Signore, che mai vi ha obbligato a celarvi, a fingere, ed a sorprenderci in sì strano modo?

Marchese. Il desiderio di vedere la sposa mi ha fatto anticipare il viaggio mio per Milano, e il caso ci ha fatti essere insieme ad un’osteria della posta. La sincerità della contessina Beatrice mi ha palesato l’animo suo, la mia candidezza mi ha obbligato ad informarla del mio carattere. Conosco ch’ella non è persuasa del mio sistema, che insopportabili le riuscirebbero i miei difetti, e che agli occhi suoi oggetto poco caro è la mia persona. Tradirei me stesso, se usar tentassi una violenza al di lei bel cuore. Ella è amabile, ella è virtuosa e gentile, ma il cielo non l’ha destinata per me.

Contessa. Ah signore, permettetemi ch’io vi dica, che non mi dispiace l’aspetto vostro, e ch’io sono incantata della vostra virtù. Come? Evvi al mondo un animo sì generoso, che per l’amore della verità non teme di screditar se medesimo in faccia di persona eh egli ama? Voi possedete un sì bel cuore, una sì perfetta sincerità, e temerete ch’io non vi stimi, che io non vi rispetti, ch’io non vi adori? Siate pur collerico, con sì saggi principi non potrete esserlo che con ragione. Siate pure geloso, non lo sarete mai senza fondamento. Siate invaghito della società, degli studi, saranno sempre lodevoli le vostre applicazioni, le vostre amicizie. Toccherà a me ad evitare i motivi dei vostri sospetti, delle vostre inquietudini, ed a fare sì che fra i piaceri vostri non abbia l’ultimo luogo