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L'OSTERIA DELLA POSTA | 245 |
è quello che cercano le persone di mal talento, e gli occhi del pubblico esigono anzi il contegno, il rispetto, la civiltà, il buon costume. In somma, signora mia, se vi cale d’avere un marito onesto, amoroso e bastantemente discreto, io conosco il Marchese, tale ve lo assicuro e ve lo prometto; ma se lo voleste o zotico, o effeminato, disingannatevi in tempo, e siate certa, che penetrando egli il vostro pensiere, sarà il primo a mettervi in libertà, a disciorre il contratto, e a porvi in istato di non perdere il vostro cuore e la vostra pace.
Contessa. Confesso il vero, in virtù delle vostre parole, io vado a Torino assai volentieri.
Marchese. Siete persuasa del carattere del marchese Leonardo? Siete contenta di quanto di lui sinceramente v’ho detto?
Contessa. Io sono persuasa, io sono contenta di quello che voi mi dite; cioè, che s’ei non mi piace, mi abbia da lasciare nella mia pienissima libertà.
Marchese. Signora Contessa, scusate l’ardire, io dubito che abbiate il cuor prevenuto.
Contessa. No certo, se amassi un altro, lo direi francamente.
Marchese. Possibile che la vostra bellezza non abbia ancora ferito il cuore di qualcheduno?
Contessa. Io non dico, che non vi sia qualcheduno che mi ami; dico soltanto, ch’io non ho il cuore impegnato.
Marchese. E chi è, se è lecito, che per voi sospira?
Contessa. Volete sapere un po’ troppo, signor capitano.
Marchese. Siete tanto sincera, ch’io mi lusingo non mi terrete celato neppur quest’arcano.
Contessa. Non è arcano altrimenti. Lo sa mio padre, lo sanno tutti, e ve lo dirò francamente, è il baron Talismani.
Marchese. Non lo conosco. È giovane?
Contessa. Bastantemente.
Marchese. È bello?
Contessa. Non è sprezzabile.
Marchese. E voi non l’amate?
Contessa. Non l’amo, ma non l’aborrisco.