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240 ATTO SOLO

Contessa. Portatemi un bicchier d’acqua.

Cameriere. Subito. Dorme il signor Conte?

Contessa. Sì, dorme ancora.

Cameriere. Avrebbero difficoltà di pranzare in compagnia con altri due cavalieri?

Contessa. Quando si desterà mio padre, ne parlerete con lui.

Cameriere. Benissimo. (parte)

SCENA V.

La Contessa, poi il Marchese.

Contessa. In altro tempo gradito avrei moltissimo il trattenermi in piacevole compagnia, ma ora sono così angustiata, che non ho cuore di vedere persona, nè di trattare con chi che sia.

Marchese. Signora, la riverisco umilmente.

Contessa. Serva divota.

Marchese. È ella pure di viaggio?

Contessa. Per obbedirla.

Marchese. Per dove, se è lecito?

Contessa. Per Torino.

Marchese. Ed io col mio compagno son diretto a Milano.

Contessa. Ella va alla mia patria.

Marchese. È milanese adunque?

Contessa. Sì signore. Con sua licenza. (vuol partire)

Marchese. Perdoni. Volea domandarle una cosa, se mi permette.

Contessa. Scusi, non vorrei che si destasse mio padre, ed avesse occasion di riprendermi, s’io mi trattengo.

Marchese. È chi è egli il suo signor padre?

Contessa. Il conte Roberto di Ripalunga.

Marchese. (Oimè, che sento? qui la mia sposa? Perchè in viaggio? Perchè partir da Milano?)

Contessa. Che vuol dir, signore, questa sua sospensione? Conosce ella mio padre?

Marchese. Lo conosco per fama. Sareste voi, signora, per avventura la contessina Beatrice?