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cente biografo, H. C. Chatfield-Taylor, trova che «questa semplice pittura della vita veneziana» è pervasa da un alito di tristezza, piuttosto che dalla gioia del carnovale (Goldoni. - A biography, New- York, 1913, p. 424). A questa commedia «tutta veneziana» il cui titolo «pare una profezia» (C. G., Milano, 1907, p. 175) dedicò Giulio Caprin un lungo articolo che porta la data del 1907, ma fu stampato soltanto nel 1914 (Rivista Teatrale Ital. XIII, fasc. 3 e 4, 31 luglio e 5 ott.), dove si svolgono con diligenza e con acutezza le vane questioni congiunte all’argomento. «Tutta la commedia» ben dice il Caprin «pare scritta col cuore, e aleggia su tutto un tenue soffio di melanconia. Appena tra i personaggi si è sparsa la notizia che sior Anzoletto parte, la gioia della piccola festa borghese si vela... Via via che l’azione procede, pare che la commozione della partenza pieghi tutti gli animi... Perchè Anzoletto, che ha promesso di tornare, ha il presentimento che forse per lui non riderà la dolce ora del ritorno; e questo presentimento glielo ha istillato in cuore il suo poeta». - E più avanti giudica «delle più semplici» la presente commedia, «anche in confronto con le sole commedie dialettali», ma pur tuttavia «ricca opera d’arte» in cui «si palesa il carattere essenziale della comicità goldoniana... La comicità qui è interamente connessa ai caratteri; e i caratteri non hanno bisogno di essere esagerati di una linea per riuscire piacevolmente comici; lo stesso dialetto, così vivace, così colorito e pittoresco, mette una nota delicata di comicità anche nelle parti serie. Perciò in queste commedie di ambiente umile c’è forse maggior finezza che in quelle in cui agiscono le classi sociali più elevate». Onde oggi, «a un secolo e mezzo di distanza, la semplice allegoria passa in seconda linea e ci accorgiamo, che non è nemmeno indispensabile rievocarla per gustare la commedia. La quale vive a sè, per quel gran soffio di vita che C. Goldoni ha infuso sempre alle sue creature». [Forse il C. si contraddice alquanto dove afferma che nel Raggiratore, nell’Avventuriere onorato, nell’Avvocato veneziano «il lettore non ha bisogno per gustare la commedia di ricercare sotto la figura» del protagonista «la fisonomia arguta e bonaria di C. Goldoni, in Una delle ult. sere di carn. è invece necessario tener presente che Anzoletto è il Goldoni, e che le contingenze sceniche del disegnatore di drappi sono un’allegoria di quelle reali del commediografo del S. Luca». - Scusa poi il C. il giuoco della meneghella, «lunghissima partita per essere giocata sul teatro, ma così bravamente variata che nessuno la sente lunga»].

Scendendo poscia all’esame dei vari personaggi, osserva anche il Caprin che «il tipo più simpatico rimane quel mattacchione di Momolo. Vecchia conoscenza per gli amici del Goldoni, che lo hanno già conosciuto nell’Uomo di mondo, nei Morbinosi ed anche nel Vecchio bizzarro. È il vero cortesan, L’ideale dello scapolo borghese» che qui finalmente «ha fatto giudizio» e sposa «la buona Polonia». Tra i «caratteri» della commedia «ci sono di quelli ridicoli per qualche mania o per qualche singolarità; ma in tutti manca completamente il vizio: e i loro difetti sono quasi l’esagerazione della virtù. Si osservi la interessante coppietta di Augustin e di Elenetta, sposini giovinetti, timidi e sospettosi, gelosi della loro felicità, pronti a criar per troppo amore: la loro venialissima colpa è la selvatichezza di chi è troppo felice nel suo piccolo mondo d’amore per badare anche al grande mondo che è al di là della