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Chioggia e respirare l’acre brezza dell’Adriatico. Quanta furberia di condotta in quelle scene deliziosamente umoristiche tra i popolani e il coadiutore del cancelliere criminale!» (C G., Ven. 1880, p. 101). Bene anche Ernesto Masi: «...Nelle commedie in dialetto veneziano» il Goldoni «padroneggiando lingua e stile al pari dei caratteri e delle situazioni comiche, raggiunge tale eccellenza d’arte, di verità, di naturalezza da far assorgere. a rappresentazione umana e generale tipi e costumi del popolo veneziano. E non ne reco altro esempio che le B. Chiozz., dove il G. riesce a quello che parrebbe impossibile alla commedia, a darci lo sfondo, la prospettiva, il paesaggio, su cui i suoi personaggi si muovono, e ci par quasi di vedere l’aria aperta del lido e di aspirare le brezze e le salsedini del mare» (introd. alle Lettere di C. G., Bologna 1880, p. 78).

Innamorata delle Baruffe chiozzotte mostrasi Vernon Lee, che rievoca con la fantasia le scene della commedia, e poi si domanda: «E’ realtà questa?... Abbiam visto arrivar la barca e scaricare il pesce?... E la tempesta di grida, di strilli, e lo strepito e il pestar dei piedi? Fummo davvero testimoni di questi incidenti della vita peschereccia sull’Adriatico? No; non abbiam fatto che aprire un vecchio volume dove dice: Le B. chiozz.» (Il settecento in Italia, ed. ital.. II, Milano 1882, p. 277). E anche in altre pagine celebra quel meraviglioso quadro di vita giornaliera, in cui rivivono «la strada, la spiaggia e la marina» (p. 257) e loda la grazia, la vita, la verità' della Locandiera e delle Baruffe (p. 282) e chiama Goldoni «l’incomparabile autore del Ventaglio, della Locandiera e delle B. chiozz.» (p. 287). Quasi contemporaneamente Ferd. Galanti nel suo libro su C. Goldoni e Venezia nel secolo XVI li (Padova, 1882, p. 25 1 ) scriveva: «Il soggetto di questa commedia, dice lo stesso Gold., è un niente. Ma a questo niente vi ha dato il suo soffio e ha fatto, nel suo genere, un capolavoro... Sì; questa commedia è un niente...; essa non ha azione, non ha novità di accidenti, non tende a nessun alto scopo, non è, si può dire, neppur commedia, è solo un gioco di scene, ma qual gioco! E’ un quadretto, non più, ma fatto con tale vivezza di tipi, di movenze, di particolari, di colorito che non par pittura, ma realtà. Le scene delle baruffe e quelle dei testimoni innanzi al Coadiutore criminale sono, nel genere popolare, tra le più belle che il nostro poeta abbia scritte. Quei padroni di barca, quei pescatori, quelle lavoranti di merletti, ciarlone accattabrighe, ma buone, si trovano ancor oggi a Chioggia e quel Coadiutore del Cancelliere criminale, al quale tutti danno il titolo di lustrissimo, che recita la parte semiseria in quel baccano indiavolato, è pur esso un tipo comico e ci fa pensare al giovane Gold, coadiutore di cancelleria a Chioggia.»

A proposito di quest’ultima osservazione, ripetuta da molti altri, ricorderò come anche il Guerzoni accennando all’ufficio che il futuro commediografo esercitò a Chioggia, affermasse con evidente esagerazione: «Nelle B. Chiozz. vedrete tutti questi personaggi tali e quali come fosser vivi» (Il teatro italiano nel sec. XVIII, Milano 1876, p. 159). Alcuni anni dopo Giorgio Barini esaminava nel Fanfulla della domenica, (XIX, n. 46. 14 nov. 1897) il personaggio di Isidoro e concludeva: «E ammissibile che un uomo come il Gold. anche con le debolezze che in lui dobbiamo riconoscere, potesse pensare di far cadere un’onesta giovane in una rete come quella che Isidoro sta tendendo