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96 ATTO TERZO

Titta Nane. Cossa gh’astu? (a Lucietta, rusticamente)

Lucietta. Gnente. (piangendo)

Titta Nane. Via, animo. (a Lucietta)

Lucietta. Cossa vustu?

Titta Nane. Coss’è sto fiffarea?

Lucietta. Can, sassin. (a Titta Nane, con passione)

Titta Nane. Tasi. (con imperio)

Lucietta. Ti me vuol lassare?

Titta Nane. Me farastu più desperare?

Lucietta. No.

Titta Nane. Me vorastu ben?

Lucietta. Sì.

Titta Nane. Paron Toni, donna Pasqua, lustrissimo, co bona licenzia. Dame la man. (a Lucietta)

Lucietta. Tiò. (gli dà la mano)

Titta Nane. Ti xe mia muggiere. (sempre ruvido)

Isidoro. Oh bella! Oe, Sansuga? (al servitore)

Servitore. Lustrissimo.

Isidoro. Va subito a far quel che t’ho dito.

Servitore. Subito. (parte)

Isidoro. A vu, Beppo. Sotto vub.

Beppo. Mi? La varda co che facilitae. Paron Fortunato, donna Libera, lustrissimo, co so bona grazia. (dà la mano a Orsetta) Marìo e muggiere.

Orsetta. Oh! adesso mo, maridete anca ti, che no me n’importa, (a Checca)

Isidoro. Toffolo, chi è de voltac?

Toffolo. Mi prima barcad. Parò Fortunato, donna Libera, lustrissimo, co so bona licenzia. (dà la mano a Checca)

Checca. Oe, la dota. (a Isidoro)

Isidoro. Son galantomo, ve la prometto.

  1. Piangere.
  2. A voi, Beppo; tocca a voi.
  3. A chi tocca? Frase presa da que’ barcaiuoli che sono ai traghetti, cioè ai posti delle barche che si noleggiano: dove il primo, a cui appartiene il carico, si dice esser di volta.
  4. Io sono la prima barca, cioè tocca a me, seguitando il senso della metafora sopraddetta.