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LA CASA NOVA | 311 |
Conte. (Povero me!) Signore mie...
Meneghina. No me xe mai sta ditto tanto gnanca da mia madre.
Conte. Compatitela. (a Meneghina)
Cecilia. Coss’è sto compatitela? Mi no gh’ho bisogno che nissun me compatissa.
SCENA XV.
Anzoletto e dette.
Anzoletto. (Oh poveretto mi!)
Meneghina. Vegnì qua mo, sior fradello.
Cecilia. Sentì mo, sior mario.
Anzoletto. Sior Conte, cara ela, una parola.
Conte. Sono a servirvi. (s’accosta)
Meneghina. Vorave che me disessi...
Anzoletto. Tasè adesso, lasseme star?
Cecilia. Respondeme a mi.
Anzoletto. Cara muggier, abbiè pazienza. Adessadesso sarò con vu.
Conte. Che cosa c’è, che vi vedo così agitato? È forse per qualche parola che abbiate sentito fra le due cognate? (piano ad Anzoletto)
Anzoletto.(Oh, altro che parole; ghe xe dei fatti, e fatti per me dolorosi. Caro sior Conte, ghe lo confido con segretezza, che no lo sappia nè mia sorella, nè mia muggier; e se la pol, la me assista, la me soccorra).
Conte. (Dite pure; della segretezza siete sicuro. Nel resto vi servirò dove posso).
Anzoletto. (La sappia che son andà alla casa de là per far portar via la roba, per tor el resto della massaria, e el patron della casa, per un anno de fitto che ghe son debitor, el m’ha fatto bollara, e son desperà).
Conte. (Male).
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