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294 | ATTO PRIMO |
Anzoletto. Sentiu? Cussì i parla. Gh’averò dà a st’ora più de mille ducati, e perchè stamattina no gh’ho bezzi adosso, che m’ho desmentegà de farmene dar dal fattor, par che no se ghe voggia dar quel che el vol. Caro sior Fabrizio, gh’averessi diese o dodese ducati da imprestarme, che doman ve li restituirò?
Fabrizio. No davvero. Se li avessi, ve li darei volentieri. (Non gli presterei dieci lire).
Anzoletto. Che spesa ghe vol a trasportar la roba da una camera all’altra?
Fabrizio. Questo sono cose da niente. Via, signor tappezziere. Sapete che avete che fare con un galantuomo.
Sgualdo. (Sia maledetto co me son intrigà). Anemo, fioi, vegnì qua tutti, e femo sto bel travasoa. Andemo a desfar de là, e po desferemo de qua. (gli uomini partono) E sarà fenio, co sarà fenio. (ad Anzoletto)
Anzoletto. Sarà fenio, co sarà fenio.
Sgualdo. (E la descorreremo doman). (parte)
SCENA V.
Anzoletto e Fabrizio.
Fabrizio. Non sanno niente costoro.
Anzoletto. Crederne che i me fa deventar matto. Se spende, se spende, e no se fa gnente.
Fabrizio. Sono passato dalla cucina, e ho veduto che si lavora.
Anzoletto. Sior sì, disno qua ancuo.
Fabrizio. Colla sposa?
Anzoletto. Colla sposa.
Fabrizio. Farete il desinare ai parenti.
Anzoletto. Sior sì, a qualche parente, a qualche amigo.
Fabrizio. Io non sono nel numero dei vostri amici.
Anzoletto. Anzi, se volè favorir, sè patron.
- ↑ Trasporto, per allegoria.