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NOTA STORICA

Nell’Introduzione alle recite del 1760 (v.: Nota al Curioso accidente) Catterina Bresciani annuncia la Donna di maneggio, terza tra le commedie della nuova stagione, con questo breve commento:

Da me, su cui s’appoggia, molto sperar non deggio,
Ma pur tanti caratteri e tanti fatti ha uniti,
Che gli uditori io spero contenti e divertiti.

Nei ricordi senili dell’autore tale previsione si avvera. La commedia piace più del Curioso accidente (Memorie, P. II, cap. XXX) e se ne anticipa l’esecuzione di ben cinque anni. Ma la citata Introduzione ci da la data vera e l’Autore a chi legge afferma, che più recisamente non potrebbe, l’insuccesso: La commedia non ha incontrato. Goldoni smentisce Goldoni.

Questa volta egli non trovò l’argomento girando avvolto nel suo tabarro rosso per calli e campielli. Di che Carlo Gozzi aveva gran torto di ridere. Cogliere la vita nell’immediata realtà era il modo di concepire che meglio rispondeva al suo ingegno. La Donna di maneggio invece è pensata a mente fredda, a tavolino, col palese intento di comporre un lavoro serio nella figura della protagonista; e questa aveva ad essere una donna in tutto perfetta. Ma se corretto il contegno suo con l’intollerabile marito, non si scorge virtù alcuna in quell’impacciarsi di affari non suoi, nell’accozzar nozze tra coppie che si uniscono o per puntiglio, o per interesse o per deferenza a lei, oppure nel raccomandar poeti, del cui merito nulla si sa. Vide il Goldoni virtù dove era solo pedanteria. Stette serio quando il sorriso dell’arte sua doveva sfruttare in questa figura il contenuto comico che la pervade. Donna Giulia non vive. Vivono un po’ le figure femminili secondarie, puntigliose, pettegole e, al solito, senza un briciolo di cuore, ma somigliano cento altre del teatro goldoniano. Alcunchè di nuovo vorrebbe offrire il personaggio di Don Properzio che, avaro sordido e marito diffidente, non si perita di rievocare a tutto suo danno grandi ombre molieresche. Fa la scimmia a Sganarelle quando s’imagina d’esser tradito dalla moglie ed entra in disperata gara con Harpagon caricando l’unico suo domestico delle più varie mansioni (cfr. Toldo, L’oeuvre de Molière et sa fortune en Italie, Turin, 1910, pp. 377, 390; Schmidbauer, Das Komische bei G., Mùnchen, 1906, p. 41).

«Se io non ne dico bene, nessuno forse ne vorrà dire». Questa pessimistica previsione dell’autore chiude la breve Premessa. Ma ci fu pure chi vide con lui in Donna Giulia «il tipo d’una donna modello, piena d’amore, di carità e di zelo» (Petrocchi, C. G. e la Commedia, Milano, 1893, p. 133); la donna «che sa con fine tatto ed ammirabile fermezza correggere un marito squilibrato», quasi «un’apologia delle virtù femminili» (Anita Pagliari. La donna nella vita e nella comm. di C. G., Vita femminile italiana, Roma, 1907, p. 403). Altri con indulgente critica compresero questa «tra le commedie che offrono qualche buon dettaglio d’osservazione, di costumi e di ca-