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266 | ATTO TERZO |
SCENA XIII.
Don Alessandro col Notaro, e detti.
Alessandro. Ecco qui, signora... (s’arresta vedendo donna Aurelia)
Aurelia. (Davvero ho un poco di rossore a vederlo).
Giulia. Che c’è, signor don Alessandro?
Alessandro. Niente, è qui il notaro.
Giulia. Consolatevi colla signora donna Aurelia, che è sposa del signor don Ridolfo, e va con esso in Moscovia.
Alessandro. Me ne consolo. (ironicamente)
Aurelia. Obbligatissima. (caricandolo)
SCENA XIV.
Donna Aspasia e detti.
Aspasia. Siete voi, che mi ha fatto chiamare? (a donna Giulia)
Giulia. Io no.
Aspasia. Mi hanno detto ch’io era domandata. Se ho sbagliato, compatitemi, anderò via.
Giulia. No, no, restate. (Crede che non si capisca la sua grande accortezza). (ironicamente)
Aspasia. (Mi verrebbe volontà di precipitare).
Giulia. Può essere che vi domandi don Alessandro.
Aspasia. Che vuol da me? Eccola lì la sua cara. (accennando donna Aurelia.)
Giulia. Donn’Aurelia è sposa di don Ridolfo, e partirà a momenti per Peterburgo. Signor notaro, voi siete chiamato per questo. Rogate i sponsali fra questi due, e poi faremo qualche altra cosa.
Notaro. Sono a servirla. (va al tavolino, si accostano li due suddetti, e scrive)
Aspasia. (Dice davvero dunque).
Giulia. Don Alessandro, fate il vostro dovere con donna Aspasia.
Aspasia. Eh! lo dispenso.
Alessandro. Deh! se le grazie profusero in voi la bellezza...
Aspasia. Sguaiataggini.