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LA DONNA DI MANEGGIO 261


Ridolfo. (Che tormento mi fa provare!) (verso don Properzio, da sè)

Giulia. E così, che cosa mi dite?

Ridolfo. Io veramente voleva bene grandissimo a donna Aurelia, e l’avrei sposata potendo; ma avendola veduta impegnata con don Alessandro...

Giulia. Ciò non vi dia alcuna pena. La povera figliuola lo faceva per necessità. Don Alessandro è da lei solennemente licenziato, e son certa che sarete di lei contento.

Properzio. (Sì accosta, come sopra, per ascoltare.)

Giulia. (Si volta, e vede don Properzio) (Orsù, ho capito.) Sentite, andate giù nell’appartamento terreno, colà troverete donna Aurelia. Io le ho prarlato, ed è di ciò contentissima. Fate anche voi le vostre parti. Disponetevi a darle la mano, ed assicuratevi della mia gratitudine.

Ridolfo. Non ho coraggio di replicare ai vostri comandi.

Giulia. Andate.

Ridolfo. Signore, favorisca i miei versi. (a don Properzio)

Properzio. (Eh! mille rubli non è picciola bagattella). (piano a don Ridolfo.)

Ridolfo. (Ma per mantenersi a una Corte...)

Properzio. (Corbellerie! mille rubli l’anno è uno stato da cavaliere).)

Ridolfo. (E il peso della moglie...)

Properzio. (In sostanza, non volete dar niente?)

Ridolfo. (Farò il mio dovere).

Giulia. Lasciatelo andare, signore. (a don Properzio)

Properzio. Vada pure.

Ridolfo. I miei versi.

Properzio. Né anche questi non mi volete lasciare?

Ridolfo. Basta, se li vuol tenere, si serva. (Convien dire che gli paiono buoni davvero).) (parte)

Properzio. (Questa carta mi può servire per involgere qualche cosa).