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LA DONNA DI MANEGGIO | 257 |
SCENA VII.
Donna Giulia e dette.
Giulia. Eccomi.
Ridolfo. Servo suo riverente. (a dorma Giulia)
Giulia. È questi il signore che mi domandava? (a don Properzio)
Properzio. È questi.
Ridolfo. Sono venuto a riprendere...
Giulia. Ho capito.
Properzio. Eh favorisca, quella signora ch’era qui, si chiama Aurelia o Aspasia? (a donna Giulia)
Giulia. Aspasia. (a don Properzio)
Properzio. Ha sentito? (a don Ridolfo)
Ridolfo. Ma la signora donna Aurelia? (a donna Giulia)
Giulia. Favorite di trattenervi, che or ora sono da voi. (a don Ridolfo) Signor consorte, giacchè ha tanta bontà per me, mi faccia la finezza di tenere un poco di compagnia al signor don Ridolfo, fintanto che dico una parola a quella dama, e ritorno subito. (a don Properzio)
Properzio. Si serva pure.
Giulia. (Giacchè è qui don Ridolfo, vo’ meglio assicurarmi del cuore di donna Aurelia, e prevenirla del mio disegno), (parte)
SCENA VIII.
Don Properzio e don Ridolfo.
Properzio. Grand’affari ha sempre la mia signora! (a don Ridolfo)
Ridolfo. È una dama di qualità, di spirito e di buon cuore. Ha moltissime corrispondenze, ed è a portata di poter fare de’ gran piaceri e de’ gran benefizi.
Properzio. Sì, ma consuma un tesoro in lettere.
Ridolfo. Impiega bene il danaro, se con questo si fa amare e stimare dalle persone beneficate.
Properzio. Fa tanti piaceri, si prende tanti disturbi, e mai che nessuno le mandasse una guantiera di cioccolata, una dozzina di capponi, e cose simili.