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LA DONNA DI MANEGGIO | 243 |
Alessandro. Ella, per un impegno d’onore, legatomi a donn’Aspasia, minaccia ruine alla mia unica felicità.
Properzio. (È tutto vero dunque quel che diceva la lettera).
Alessandro. Deh! impietosite il cuore della vostra sposa. Fate voi ch’ella discenda dal puntigio alla compassione. Sono acceso, sono afflitto, sono disperato.
Properzio. Sì, non temete, m’interesserò io.
Alessandro. Caro amico. (vuol abbracciarlo)
Properzio. Che cosa fate?
Alessandro. Un trasporto di gioia. (come sopra)
Properzio. Lasciatemi stare. (si difende, e cade in terra il pollastro)
Alessandro. Oh cieli! (osservando il pollastro)
Properzio. (Maladetto!) (da sè)
Alessandro. Un araldo felice de’ miei amori.
Properzio. Sarà caduto dal soffitto.
Alessandro. Vieni, o colomba di pace. (lo prende)
Properzio. Non è una colomba, è un pollastro.
SCENA XVII.
Orazio e detti.
Orazio. Perdoni. Dice la dama, che favorisca il cavaliere nelle sue camere, e aspetti un poco che vi sarà ancor essa, per obbedirla.
Alessandro. Volo colla mia rispettosa obbedienza. (parte)
Properzio. Il pollastro. (dietro a don Alessandro) Che tu sia maladetto. (ad Orazio)
Orazio. Io?
Properzio. Sì, tu.
Orazio. Perdoni.
Properzio. Va, corri. Fatti render quel pollastro.
Orazio. Per servirla.
Properzio. Va al diavolo.
Orazio. Per obbedirla. (parte)