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242 | ATTO SECONDO |
Alessandro. Ella è il prototipo della gentilezza.
Properzio. Io sono... io sono... suo divotissimo servitore.
Alessandro. Potrei aver l’onore di umiliare l’ossequio mio alla di lei gentilissima sposa?
Properzio. Ella è più che padrone; anzi padronissimo.
Alessandro. Se avesse disoccupato alcuno de’ suoi domestici, potrebbe onorarmi di far preceder l’annunzio.
Properzio. Subito, immantinente. Ehi? chi è di là? Presto, servitori.
SCENA XV.
Orazio col grembiale ed una cazzaruola in mano, e detti.
Orazio. Comandi.
Properzio. Che maniera è questa?
Orazio. Perdoni.
Properzio. Non chiamo il cuoco; chiamo il cameriere, lo staffiere, il lacchè.
Orazio. E dove sono?
Properzio. Cercateli dove sono, e che portino l’imbasciata alla padrona. Sciocco, ignorante, alla padrona. M’avete capito? Subito, alla padrona.
Orazio. Ho capito, per obbedirla. Vado subito, per obbedirla. (parte)
SCENA XVI.
Don Properzio e don Alessandro.
Properzio. Chi ha troppa servitù, è mal servito. Sarebbe meglio averne un solo. (a don Alessandro)
Alessandro. Ottima riflessione!
Properzio. Favorisca di grazia. Che intendeva ella dir questa mane, volendomi onorare dello specioso titolo di mediatore?
Alessandro. Ah! signore. Io sono una vittima del Dio Cupido.
Properzio. E chi è la Venere chi vi ha ferito?
Alessandro. Donn’Aurelia è la bella fiamma che m’arde.
Properzio. E che cosa c’entra mia moglie?